Abbiamo realizzato un’intervista anomala ma nel contempo parecchio interessante. Abbiamo infatti voluto intervistare due facce della realtà musicale che spesso non si incontrano o sono in contrasto ma che invece in questo caso sono legati da un legame indissolubile. Label e artista/producer che collaborano gomito a gomito e sono connessi da una profonda amicizia. Ecco a voi il duo Matt di GoldCup Records e Ambassa.
Cominciamo con Matt…
Haile Anbessa: come è nata la tua etichetta?
Mattia Goldcup: la Label nasce nel 2007 da un idea di due membri ( Marco Evangelista e Luca Corellas) dell ex RiverNile band. Chiamato per aiutarne lo sviluppo nel 2009, sono ora unico membro attivo in Goldcup Records come Owner , Publisher e Manager dell’etichetta.
H.A.: come ti sei avvicinato alla musica reggae?
M.G.: come per molti, credo, mi sono avvicinato al Reggae grazie a Bob Marley ; ma anche grazie ad artisti come Jacob Miller, Tenor Saw, Don Carlos ed albums come “Black Woman & Child”, “Inna Hights”, “Don’t Haffi Dread” per citarne alcuni; che fanno tutti parte del mio bagaglio musicale di “partenza” . Un amore per questa musica che nasce nel 1997 per mai terminare.
H.A.: quali sono i tuoi artisti più rappresentativi?
M.G.: ritengo che ogni artista con cui ho avuto ed ho il piacere di lavorare sia rappresentativo della Label, questo perché pubblichiamo solo ciò in cui crediamo sia come qualità musicale che come messaggio globale. Posso sicuramente dirti ìl nome di Matia “Ambassa” Gobbo come artista-producer, collaboriamo ormai da 3 anni e rappresenta perfettamente lo stile e le caratteristiche musicali che cerco e voglio promuovere, un binomio producer-publisher indissolubile che ha creato una grandissima amicizia tra di noi legata da una enorme passione musicale e un profondo rispetto reciproco. Come singers direi Ras Ijah, con il quale stiamo ultimando l’ Album di debutto , ma anche Jah Nyne ; abbiamo ottime collaborazioni con Tréson, Aima Moses, Black Dillinger, Messenjah Selah, Khari Kill , Avaran, The Lambsbread e presenteremo presto I aka Mugsy, cantante africano di base in Portogallo, già lead voice della band “Ltms”.
H.A.: quali sono i maggiori problemi al giorno d’oggi per un’etichetta reggae?
M.G.: per una etichetta reggae, come per molte credo, i maggiori problemi provengono dalle poche vendite fisiche nell’industria musicale, dove il downloading, spesso gratis o illegale, ha interrotto l’acquisto da parte del pubblico di cd, vinili (che tengono duro!), mp3 (legali); cosa che sicuramente non tocca le grandi Label dell’industria, ma “uccide” le piccole realtà indipendenti . Costringendo così noi , per esempio, ad un aggiornamento mediatico e concettuale della pubblicazione e vendita della musica ; utilizzando così nuovi canali come lo streaming, sia che esso provenga da youtube o deezer, spotify e so on… Credo anche che la troppa abbondanza di pubblicazioni nell’ambito del reggae( escono non so quante releases al mese ) , renda difficile ad un pubblico , anche se curioso e competente, distinguere , trovare ed “forse” acquistare un lavoro di qualità tra la massa .
H.A.: le vostre canzoni sono tutte molto conscious..è difficile diffondere ancora questa musica?
M.G.: non credo sia “difficile” diffondere questa musica, non trovo nessuna difficoltà nel promuovere un “messaggio” spiritualmente e socialmente positivo attraverso di essa. La difficoltà è nel riportare l’attenzione dell’ascoltatore alle cose “vere” e “pure” della quotidianità, non a quelle “inutili”. Sicuramente non è facile, visto che l’industria musicale punta a tutt’altro : “una bella auto con scarpe corredate, qualche dollaro da tirare all’aria, e la tua nuova pistola appena lucidata da mostrare alla tua gyal di turno, che contenta sculetterà postando la foto su facebook”. Nonostante questo continueremo a fare esattamente quello per cui abbiamo cominciato, promuovere buona musica con un messaggio positivo, I & I will never stop to do Jah works.
H.A.: se potessi cambiare qualcosa nel reggae cosa sceglieresti?
M.G.: questa è una domanda meravigliosa. Ti rispondo così : “del” Reggae non cambierei nulla, come in un amore a prima vista, tutto ciò che mi ha colpito e fatto innamorare, vorrei restasse sempre uguale. “Nel” Reggae vorrei ,se solo potessi, cambiare due cose : in primis vorrei che il Reggae fosse considerato come un Genere musicale di prima importanza, e non come un sotto-genere della musica internazionale nell’industria che conta. Secondo, che mi preme maggiormente, riguarda gli “addetti” ai lavori (singers, producers, promoters, managers), che spesso con la loro mancanza di professionalità, poca educazione e poco rispetto, sono i primi a ridurre questo genere e questa meravigliosa musica ad una forma secondaria, se non terziaria, di intrattenimento nel panorama della musica mondiale.
H.A.: potresti illustrare ai nostri lettori come nasce una canzone? Quali sono le fasi, compresa la produzione? Una sorta di dietro le quinte del processo creativo…
M.G.: spero di poter dare un risposta semplice ma chiara. Le fasi sono molto facili come “mosse” da attuare : una base musicale, una cantante, una Label e la canzone è pronta e vendibile. Nello specifico una produzione nasce da un idea, una vibe, un progetto cha può venire dal Producer, Singer ma anche dallo stesso Publisher, che nel mio caso specifico per Goldcup Records, è il personaggio che assembla il tutto. Puoi contattare un producer perché necessiti di un riddim per un “tuo” cantante, oppure viceversa, un singer per il tuo producer ; una volta che l’incontro tra i due fa nascere la “magia” e cioè la canzone, tutto viene mixato e masterizzato in uno studio, per poi essere mandato al distributore affinchè possa essere venduto nei vari negozi.
H.A.: cosa bolle in pentola di prossima uscita?
M.G: fortunatamente abbiamo molti progetti in pentola; di prossima uscita singolo e Album d’esordio per Ras Ijah, uno degli artist con cui lavoriamo maggiormente, un “riddim set” come “Lola Riddim” che ha aperto la nostra stagione 2013 e cercheremo di far conoscere ad un pubblico più vasto il talento di I aka Mugsy, come già accennato in precedenza. Spesso accade che il lavorare molto porta altro lavoro, quindi come succede constantemente, altri progetti si uniranno a questi elencati, ma ti terremo sicuramente aggiornato ! Grazie per l’opportunità donatami nel poter rispondere a queste ottime domande, è stato un enorme piacere. One Perfect Love.
Per maggiori info su Goldcup
https://soundcloud.com/goldcup-records
https://www.youtube.com/user/rivernileband
http://www.reverbnation.com/goldcuprecords
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https://www.facebook.com/pages/Goldcup-Records/120874164642930
Per proseguire con Ambassa…
Haile Anbessa: quando e come hai iniziato a suonare?
Ambassa: ho iniziato a suonare quando avevo 16 anni circa. Mio padre era un chitarrista jazz, per cui a casa suonava sempre musica (Wes Montgomery, George Benson, Pat Metheney, Weather Report, tutta roba suonata e praticamente mai cantata), quando eravamo piccoli improvvisava con la chitarra quando eravamo a letto prima di addormentarci. Come spesso accade durante gli anni dell’adolescenza, se mio padre suonava io davo per scontato che io NON avrei suonato. Ho resistito al fascino e alla tentazione fino ai miei 16 anni poi ho sentito il bisogno di capire la musica, per cui ho iniziato a suonare e a “smontarla”.
H.A.: perché ti sei appassionato al basso?
A.: negli anni 90 le casse degli sterei che compravi all’Upim (il mio budget era terribilmente basso) erano terribili. I bassi normalmente erano totalmente assenti. Mi sono appassionato al basso perche’ ne sentivo la mancanza. Andando ai concerti poi ho iniziato a sentirla bella pompata da impianti di una certa potenza, ho capito che strumento la produceva, e mi ci sono concentrato con l’orecchio dell’ascoltatore, cercando di isolarlo dal resto della canzone. 2+2 = basso.
H.A.: sai suonare altri strumenti?
A.: amatorialmente si, suono pezzi di batteria (non avendo lo spazio per avere un drumkit completo), chitarra (ritmica e piccoli groove, quei tasti sono sempre troppo piccoli per uno che viene dal basso), tastiere (ho un magnifico Fender Rhodes Mark 1 del 1978 che adoro) e percussioni. Ho iniziato a mettere le mani su altri strumenti quando ho cominciato a produrre musica, non essendo mai soddisfatto dei samples o dei suoni midi che programmi come reason ti mettevano a disposizione. Piano piano ho iniziato a comprare una piccola scheda audio, un microfono e ho iniziato a registrare di tutto. Sempre piano piano ho capito quali microfoni erano adatti a quali strumenti, e mi sono mosso di conseguenza.
H.A.: come nasce un riddim? E un riddim di successo?
A: parlo per la mia esperienza. Un riddim a volte nasce da un idea che di solito ho in testa e che cerco di ricreare. L’idea puo’ essere un atmosfera, una linea di basso, un mood di un certo pezzo che ti ispira. Altre volte succede che sento una melodia che mi piace in un altro pezzo, la ricreo, cerco di buttare giu’ una struttura di accordi e poi vedo come il resto puo’ adattarsi sopra. A volte mi piace fare “cover” in chiave reggae di altri pezzi, soul o hip hop che mi piacciono. Da quelle strutture poi di solito modifico un po’ i passaggi di accordi e via, riddim pronto. Un riddim di successo credo che sia definibile solo a posteriori. Nel senso che un riddim puo’ suonare anche da paura, ottima vibe, ottima bassline e batteria, ma se poi non hai dei cantati forti sopra non uscira’ mai dalla “media” delle release e non arrivera’ a fare un buon successo. Se azzecchi il sound giusto e riesci a portarci sopra i cantanti giusti che piu ci si adattano allora si crea una hit. Cosa difficilissima.
H.A.: che criticità riscontri nei riddim di oggi nel reggae?
A.: mi dispiace molto che si suona molto poco strumenti veri e si campiona sempre di piu’. Nulla contro i campioni, sono nato sotto il segno dell’hip hop prima ancora di ascoltare reggae. Pero’ ora come ora abbiamo una situazione quasi paradossale, e cioe’: l’era “digitale” in jamaica ha distrutto una intera generazione di musicisti che prima sapevano suonare davvero, avevano il loro tocco, una sorta di marchio e stile che li sentivi subito su tutti i riddim (parlo di gente come Earl “Chinna” Smith, oppure Flabba Holt, Sly&Robbie, Santa Davis, Sticky and Scully…). Ora pochissimi musicisti che escono dalla jamaica sanno suonare bene come i loro predecessori. E allo stesso tempo non c’e’ abbastanza lavoro “pagato” a causa del fatto che i produttori oramai sono spesso una one-man-band che stanno in studio da soli e con samples e pochissime session suonate producono riddims. Quella qualita’ della musica suonata che c’era fino a qualche anno fa si sta perdendo, in jamaica ma non solo. In europa, visto che la jamaica non produce praticamente piu’ quel sound che la gente chiede, alcuni produttori (soprattutto) si sono svegliati e stanno cominciando a produrre lavori di buona qualita’. Complice anche il fatto che con la crisi dei live i jamaicani ora “costano” molto meno e con qualche migliaia di euro (se non meno), hai un big pronto a cantare su qualsiasi produzione. Ancora una volta la qualita’ media delle release in europa e’ comunque bassa e molto “digitale”, poco suonata. A mio parere la qualita’ di questa musica ne ha risentito notevolmente e qusta e’ la mia maggiore critica nelle produzioni di oggi.
H.A.: quali sono i tuoi producer preferiti?
A.: del passato, Tubby, Scientist (con i Roots Radics) Sly&Robbie. Da li non si scappa. Ora come ora Alborosie, che è una macchina da guerra (nel senso buono del termine) e mi fa impazzire Prince Fatty a.ka. Michael Pelanconi outta UK che con Horseman alla batteria ha il sound più bello in circolazione secondo me ora come ora, paragonabile solo a quello di Alborosie.
H.A.: ti presteresti a produrre anche generi diversi dal reggae?
A.: sicuramente si, ascoltando molta altra musica ho progetti vari e paralleli, cartelle piene di esperimenti, dischi segnati con campioni da usare su beat alla DJ Premier, mi esercito a suonare su classici Stax, Motown e ammiro moltissimo progetti/labels come Stones Throw o Daptone Records.
H.A.: quale è il tuo ritmo di cui sei più orgoglioso?
A.: per quanto riguarda quelli usciti direi Ready Right Now. Il perché è semplice, era l’esercizio più difficile per me, ossia cercare di ricreare quella atmosfera sulle produzioni di Scientist con i Roots Radics come backing band di inizi anni 80 che tanto mi piace. Un Riddim inagibile con una bellissima frase di fiati, volevo esercitarmi a fare un “classico” cercare di produrre qualcosa di cui sentì i primi 7 secondi e sai già cos’è, canti la linea di basso, i fiati, la melodia, tutto, perché è così semplice e “feels right” che non puoi non immagazzinarlo.
H.A.: quali artisti ti piacerebbe ospitare su un tuo ritmo?
A.: sarebbe un sogno avere Tarrus Riley, mi piacerebbe tantissimo avere il Luciano dei primi anni 2000, un miraggio da dietro le sbarre per Buju, vorrei tantissimo collaborare con Hollie Cook e un altro sogno sarebbe Romain Virgo.
H.A.: parlami del tuo sodalizio con Goldcup Record
A.: Goldcup è casa. Dopo Kill Dem With Love qualche anno fa, prodotto da me per Reddarmy, Goldcup mi propone di iniziare a fare Riddim per loro. Vedo gli artisti, la serietà e la dedizione con cui lavorano e salto a bordo in terzo tempo. E così è tutt’ora, un rapporto di amicizia, profonda stima e tantissimo duro lavoro, lacrime e sangue per cercare di fare ciò che sappiamo fare meglio, musica reggae assieme. Goldcup è una delle migliori secondo me 10 realtà reggae in Europa, e ha una coerenza di produzioni e pensiero che rispecchia pienamente la mia.
H.A.: progetti futuri?
A.: per Goldcup abbiamo 3 belle releases in scaletta per il 2013. Stiamo mixando in questi giorni l’album nuovo di Ras Ijah, con produzioni quasi tutte di Ambassa, abbiamo un nuovo riddim set su cui stiamo lavorando, “Struggle Riddim” che vede la collaborazione con Ale Soresini alle batterie, e l’album di “I” a.k.a. “Mugsy”, questo giovane cantante portoghese/africano con cui stiamo lavorando ultimamente. Personalmente poi mi attende il mio periodo dell’anno preferito, diciamo il ritiro pre-natalizio, da settembre a dicembre in cui mi concentro puramente sul suonare e registrare tutte le idee nuove per riddims e strumentali da utilizzare l’anno venturo.