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Brenno Itani: l’intervista

18-08-2020 Luca Gissi

Brenno Itani: l’intervista

Dopo 5 anni dal suo disco d’esordio, Brenno Itani torna in scena con La Promessa Non Mantenuta. Lo fa con tante cose da dire per togliersi più di un sassolino dalla scarpa e scrive per restituire quello che non ha dato alla luce in questi anni, per redimersi dalla promessa che non ha mantenuto, titolo emblematico dell’album. In questo viaggio troviamo le luci e le ombre del suo autore, della sua Bologna cantata con visceralità, tra vizi e virtù: per la prima volta a sostenere un suo progetto c’è una major ma quello che ha da dire non perde d’intensità. Un album che serviva a lui più che a chiunque altro ma che, tra ospiti importanti sia dietro le produzioni che al microfono, si va ad inserire tra le migliori uscite di questa calda estate. Il suono e l’attitudine sono però tutt’altro che stagionali: per capirlo è bastato fare due chiacchiere con lui.

Luca Stardust: A diversi anni dal tuo ultimo disco credo siano cambiate diverse dinamiche nella tua vita. Quant’è andato avanti Bresco come persona e cosa ti ha bloccato a livello artistico?

Brenno Itani: Come persona spero di essere un po’ migliorato, l’ultima volta avevo 25 anni ed arrivando a 30 un pochino ti cambi. A livello musicale mi era un po’ scesa la voglia, non avevo troppi stimoli; venivo dall’esperienza di un disco in cui credevo molto che secondo me non ha avuto il risultato che meritava e quindi ho avuto un attimo di down ecco. In più c’è stata questa relazione di cui parlo nel disco che ha aiutato a non fare uscire niente e tenermi in un limbo tutto mio.

L.S.: C’è stato qualcosa in particolare che ti ha stimolato a tornare a fare musica?

B.I.: Quando è finita questa relazione qua avevo tanto cose che mi tenevo dentro, alcune robe le avevo già scritte ma non le avevo ancora registrate. Mi ci sono messo lavorare un po’ con una gestazione un po’ lunghina però siamo arrivati ad avere questo prodotto qua.

L.S.: Fin dalla prima traccia omaggi il luogo in cui sei cresciuto, Mascarella. Com’è cambiato con il tempo il rapporto con il quartiere e cosa si è evoluto insieme a te?

B.I.: Sicuramente c’è un’ottima presa bene, la gente fino a qualche anno fa non si interessava troppo della musica e comunque parlandone sempre si è creato un piccolo sentimento di orgoglio da parte delle persone, da quelle più grandi che non c’entrano nulla arrivando ai ragazzi che sono le persone che vengono più toccate da questa roba. Insieme a me ti posso dire che è cresciuta una piccola attività, ad esempio, il mio baretto di quartiere che insieme a me piano piano sta prendendo un po’ il volo. Abbiamo iniziato a lavorare a livello di merch, non essendoci niente in giro o su internet se tu vuoi la roba mia vai al bar in Mascarella e la compri. Questa cosa comprende ovviamente che la gente magari si fermi per comprare una roba, vada a bere o magari uno studente che non conosce bene Bologna può trovare un ambiente amichevole. Una mano lava l’altra.

L.S.: Questo fa da sfondo ai temi principali del lavoro. C’è l’amore, c’è la droga, due situazioni che risultano tossiche in maniera diversa ma che finiscono per unirsi;

B.I.: Esattamente, infatti in Che Cosa Credi dico “Credi in una donna, credi in una droga” ma quello che cambia sei tu, il quartiere fa da sfondo e si mescolano tutte queste situazioni. Comunque sia sono un ragazzo di trent’anni che vive la città e sarei stato un ipocrita a non parlare di queste cose qua. Penso di averlo fatto nella maniera più sincera possibile perché magari ci sono tanti artisti che quando parlano di droga ne parlano come fosse una roba da vincente ed io spero che si evinca che non penso questo. Chiaramente è una croce e non c’è niente di bello a parte un attimo, un piacere effimero ma che ti porta una carovana di problemi a livello di emozioni, salute, soldi, a livello di legge (ride ndr). Quindi spero si capisca il mio punto di vista, non sbandiero la cosa perché fa figo o almeno spero.

L.S.: La vera colonna portante di tutto però resta la tua parte più intima che riesce ad emergere sempre di più, volendo è anche una piccola svolta rispetto al passato…

B.I.: Sì in effetti penso che anche a livello di scrittura sia il lavoro fatto meglio perché comunque sia ho fatto un po’ di scrematura. Avevo anche altri pezzi però ho preferito di mettere solo quelle di cui ero convinto al 100% al posto di tracce che non mi convincevano del tutto. C’è qualche episodio molto difficile da riascoltare perché magari finisci una relazione dopo tot anni ed ogni volta che sento quel pezzo va a richiamare la situazione, il delirio di quando l’hai scritto. È un po’ un esorcizzare, penso che possa fare bene alla lunga.

L.S.: Nel disco troviamo inoltre featuring con diversi membri della Lovegang, Franco, Ketama e Drone, dopo aver già collaborato in passato. Com’è nato un legame così forte con questo gruppo?

B.I.: Io e loro siamo molto amici, ci siamo trovati per la prima volta nel 2015 in Smuggler’s Bazaar, etichetta romana con cui era uscito il mio primo disco. Il primo disco di Ketama è uscito anche con loro e abbiamo fatto il mixtape Mondo Di Mezzo con Chicoria, Poocio Carogna ecc., che se non avete sentito andate recuperare, e da lì siamo diventati super amici. Poi ci siamo un po’ persi di vista però ci siamo comunque sempre sentiti. Ci eravamo ripromessi di fare delle robe ma io non avevo fatto più niente di ufficiale e non mi andava di tirarli in mezzo a cose un po’ tirate a caso. Nel mentre loro sono saliti vertiginosamente e questa è stata l’occasione buona per tornare a collaborare e di sicuro per il futuro ci saranno altre robe. Con Bebbo per dirti l’altro giorno era qua a Bologna e abbiamo registrato un paio di tracce nuove;

L.S.: Culto!

B.I.: Eh, grande Bebbo.

L.S.: Si potrebbe dire il modo in cui vivi Bologna è simile a come loro vivono Roma.

B.I.: Di brutto e alla fine è quello che abbiamo voluto tirare fuori nel pezzo con Franchino, in Trastevere vs. Mascarella volevamo confrontare due realtà diverse ma con dei punti in comune forti e con delle immagini abbiamo voluto provare a dare questa sensazione all’ascoltatore.

L.S.: Passando al discorso major probabilmente qualche anni fa non ci avresti creduto…

B.I.: No, neanche qualche anno fa, conta fino a qualche mese fa, qualche mese fa (ride ndr)

L.S.: E quindi per te che vieni da un mercato indipendente quali sono le differenze che hai notato nella lavorazione?

B.I.: Guarda si lavora bene, hai un team di persone che si adoperano per fare uscire la roba il meglio possibile e l’artista si deve sbattere solo di registrare. Poi per tutto il resto a livello di promozione e altro sei parato, ti danno veramente quella forza in più per andare avanti, infatti ringrazio pubblicamente Thaurus perché mi ha pigliato sul cucchiaino. È stato veramente strano perché i ragazzi mi avevano detto facci sentire il disco ed io avevo un provino che era molto molto più grezzo di quello che è ora il disco. Gliel’ho portato e dopo quaranta minuti mi chiamano e mi dicono “Vieni in ufficio” e ho detto tipo “Ma che cazzo è successo”. Sono andato, mi hanno detto vorremmo provare a lavorare e ho detto sono vostro, fate quello che credete, io voglio lavorare con voi.

L.S.: Il fatto che abbiano abbracciato un percorso come il tuo è segno che da qualche anno c’è veramente spazio per tutti gli stili che offre il genere…

B.I.: Sì perché io comunque faccio una roba che è molto a cavallo tra la nuova e la vecchia scuola ed è molto che figo che in Italia ci sia mercato per questa roba, per gente come me. Secondo me più si andrà avanti è più sarà variegata la situazione perché comunque le persone più grandi che magari non hanno voglia di sentirsi il ragazzino che gli parla di stronzate avranno qualcosa da ascoltare ed è una cosa molto figa; l’Italia secondo me potrà fare delle belle cose.

L.S.: Una piccola chicca data l’appartenenza alla tua città: come la vedi Bologna sulla mappa della scena nel 2020?

B.I.: Nel 2020 la vedo ferma un giro ai box perché sta roba del Co-vid non è proprio il top, però vedo un sacco di ragazzi nuovi forti. In più ci sono amici miei che comunque collaborano con me, Akran, Roy Persico, Inda il ragazzo di KNGL; c’è gente che merita, purtroppo a livello demografico è molto piccola ed un singolo quartiere di Roma o Milano arriva a da solo a fare più numeri di Bologna per assurdo. Però penso che sia una realtà molto solida e se la robe anche a livello di cultura hip hop miglioreranno Bologna potrebbe prendersi lo spazio che negli ultimi anni non ha avuto.

L.S.: Cosa invece deve imparare ancora da Milano/Roma?

B.I.: Sicuramente quello che dovrebbe imparare è l’unità; a Bologna è sempre stato un orto molto piccolo con tanti contadini che finiscono per darsi la zappa sui piedi e ne risentano tutti. C’è però un retaggio culturale molto forte e penso che a livello storico i ragazzi da Bologna vengono fuori molto più formati che in altre città. Comunque sia qua ti assicuro che ti fai una bella gavetta e se scazzi ti posso assicurare che ti arriva la bacchettata sulla mano non ti arriva un tweet o un messaggio instagram (ride ndr).

L.S.: Tornando a noi, per il futuro invece hai già qualche idea?

B.I.: Guarda io sinceramente spero che a breve si possa tornare a suonare perché vorrei prepararmi un bel set col disco nuovo, fare anche le robe vecchie e grazie comunque all’opportunità che mi hanno dato i ragazzi di Thaurus di arrivare anche ad un pubblico più ampio, mi piacerebbe suonare davanti a più persone possibili e portare in giro sta roba. Nel mentre sto già scrivendo robe nuove perché non voglio fare come in passato che mi perdo, quindi sto lavorando. Tempo al tempo ecco.