“È una storia a lieto fine, la nostra”: esordisce così Achille Lauro, all’anagrafe Lauro De Marinis, in una piccola sala del The Space Cinema di Milano, gremita di giornalisti. L’artista romano inaugura un 2019 che si preannuncia ricco come non mai con una conferenza stampa ad ampio respiro, che coinvolge testate di settore ma anche generaliste, per anticipare qualcosa dei prossimi dodici mesi. Parte dall’appuntamento più vicino, la 69esima edizione di Sanremo, che lo vedrà in gara tra i big; un fulmine a ciel sereno per tanti, l’ennesima rivoluzione stilistica nel percorso di un artista che ha fatto del reinventarsi l’unico punto fermo della propria carriera. Sul palco dell’Ariston andrà in scena l’ennesimo capitolo del sodalizio artistico con Boss Doms, il produttore con cui Lauro ha condiviso parte dell’infanzia e dell’adolescenza, prima di iniziare a condividere i palchi. Il brano in gara si intitola Rolls Royce e si preannuncia come qualcosa di completamente inedito, sia dal punto di vista dei suoni che delle tematiche. “Posso solo dire che non sarà una canzone d’amore e non sarà una canzone trap”, rivela Lauro con un sorriso, “s_arà molto frizzante, quasi un nuovo rock’n’roll_”. La curiosità a questo punto la fa da padrona, visto che lo stesso Achille ha rincarato la dose aggiungendo che “ultimamente sto sotto con Elvis e i Beatles, quindi vedete voi”.
Non di solo Sanremo si vive, però: molti dei presenti sono lì per parlare di Sono Io Amleto, il libro di Achille Lauro uscito il 15 gennaio, edito da Rizzoli. Un libro atipico, che lo stesso rapper ha definito molto lontano da quelli pubblicati da altri suoi colleghi – un’impressione tradita già da uno sguardo fugace al titolo. La citazione a Shakespear è evidente, per Lauro una vera e propria dichiarazione d’intenti: “mi piace l’idea della tragedia che diventa un’opera di successo”. Il punto forte del libro è proprio la forza cruda della narrazione, che non ha bisogno di essere romanzata per dipingere un quadro piuttosto drammatico, ma dal quale il rapper e il suo team sono emersi vincitori. Non è uno stereotipo romanzato della celebrazione della vita di strada, anzi; vuole essere il racconto sincero di “un figlio di ma’, un ragazzo normale, un miracolato” – per citare un estratto del libro stesso. “La bella musica arriva da chi ha una storia da raccontare”: Lauro commenta così la scelta di affiancare alla narrazione musicale quella letteraria.
Non solo Sanremo, non solo Sono Io Amleto, non solo un nuovo disco in arrivo in primavera: immersi nelle poltrone del cinema abbiamo anche potuto vedere in anteprima Achille Lauro No Face 1, primo capitolo di una trilogia di docufilm legati al rapper romano. Un’ora di riprese nelle quali si intervallano spezzoni in cui Lauro parla a cuore aperto della propria infanzia, dell’adolescenza, dei rapporti familiari e di cosa abbia significato crescere lontano da casa sin dai 14 anni. Musica, parole e immagini si amalgamano in un connubio a tratti toccante, a tratti esaltante, a tratti forse troppo carico di contenuti per essere sviluppato approfonditamente. La periferia in cui Lauro è cresciuto, una vita di strada in grado di alternare lusso sfrenato e vuoti emotivi tremendi, il ruolo salvifico della musica, il successo, la paura della fine; il rapper, nella doppia veste di protagonista e regista – affiancato da Sebastiano Bontempi -, getta nel calderone tantissimi elementi, condensando forse troppo la narrazione. La potenza visiva del progetto, affiancata alla forza evocativa insita nelle tracce scelte come colonna sonora, riesce però a tenere incollati allo schermo. I fan del rapper potranno guardarlo il prossimo autunno, mentre il secondo capitolo è previsto per la fine del 2019.
Quello appena iniziato si prospetta come un anno che Achille Lauro difficilmente dimenticherà: noi nel frattempo aspettiamo Rolls Royce per scoprire se sarà lui a cambiare le regole all’Ariston o se saranno quelle regole a restituirci un nuovo Achille Lauro.