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Una piattaforma al servizio dei freelance hip hop: intervista a Claudio Sid Brignole, creatore di Yoori Skills

10-05-2018 Marta Blumi Tripodi

Una piattaforma al servizio dei freelance hip hop: intervista a Claudio Sid Brignole, creatore di Yoori Skills

Anche se il portale YooriSkills.com è online da relativamente poco, la sua storia affonda le radici molto più indietro. Più precisamente ai tempi di Aelle Magazine (nota per i giovanissimi o per chi ha vissuto in Papua Nuova Guinea fino all’altro ieri: trattasi della prima seminale rivista hip hop italiana, la stessa a cui ha lavorato Paola Zukar, che dal 1991 al 2001 fu praticamente l’unica fonte di informazione ufficiale della nostra scena). Già, perché il fondatore, Claudio “Sid” Brignole, è lo stesso. Dopo la chiusura di Aelle si è dedicato a tempo pieno al suo lavoro principale, quello di grafico e web developer, occupandosi di tanti altri progetti al di fuori del suo primo amore, la musica e la cultura urban. Finalmente, però, ha deciso di tornare sul luogo del delitto, anche se con un progetto completamente diverso: si tratta infatti di un marketplace dedicato a tutti coloro che creano o offrono dei servizi correlati al crescente mercato dell’hip hop italiano. Dagli uffici stampa ai redattori, dai grafici ai videomaker, dai piccoli imprenditori agli stylist, passando per commercialisti e avvocati specializzati in music business: tutti hanno virtualmente diritto di cittadinanza all’interno della piattaforma, che possono sfruttare per trovare nuovi clienti o mettersi in contatto con altre figure professionali, sempre più necessarie ad alimentare un settore industriale che sta finalmente cominciando a crearsi anche da noi attorno alla musica urban. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui per farci raccontare meglio di cosa si tratta. (Continua dopo la foto)

Blumi: Da quanto tempo ti frulla in testa l’idea di creare Yoori Skills?

Claudio Sid Brignole: Ho iniziato questo progetto solo qualche mese, ma il percorso per arrivarci ha richiesto diciotto anni.

B: Perché hai ritenuto che i tempi fossero maturi proprio ora?

C.S.B.: Dopo aver chiuso AL per un po’ di tempo ho avuto una specie di rigetto per la scena rap italiana, mentre per quella americana la passione non è mai venuta a mancare, anche se con l’età sono diventato sempre più vicino all’R&B. Negli ultimi anni ho ricominciato anche a sentire alcune cose italiane che ritenevo valide e ho ripreso entusiasmo anche per il rap nostrano. Con il passare degli anni sono usciti sempre più dischi che hanno preso una piega locale, con il loro stile e personalità, ma in modo naturale, senza forzature. Per capirci, Carl Brave e Franco 126 oppure Tedua sono così, naturali. Una delle prime cose che ho imparato oltre trent’anni fa, quando sono entrato in contatto con l’Hip Hop, è che è estremamente adattabile alla situazione locale: è nato nel Bronx ma si è espanso ovunque nel mondo, perché assorbe tutto come una spugna. AL vuol dire “Alleanza Latina”, ho sempre avuto la fissa di spingere una versione locale dell’Hip Hop e ora vedo realizzato quello che speravo: le nuove generazioni crescono sentendo rap in italiano nel loro contesto, per loro non è una roba aliena, è la loro quotidianità, presente su tutti i livelli sociali. Nel 2018 la situazione ha certe analogie con quella del 1998, come spiega bene il documentario Numero Zero (che ora sta anche su Netflix) e sappiamo tutti che a partire dal 2000 il rap italiano cadde in uno stato di depressione. Ovviamente la situazione odierna ha alcuni punti di frizione diversi rispetto a vent’anni fa, ma è innegabile che esistono.

B: Percepisci un’aria più serena, insomma?

C.S.B.: Sarà per il fatto che ora vivo in Svizzera, ma mi sento molto neutrale e in pace con tutti: mi considero un veterano che però non è dentro la scena da parecchio (per scelta) e questo mi dà un vantaggio, quello di vedere le cose con un occhio da esterno, senza essere minimamente coinvolto in ogni sorta di pro o contro qualcuno o qualcosa. Vedo la vecchia generazione che non capisce la nuova e sta troppo rigida sulle sue posizioni. Vedo parte della nuova generazione che ignora le sue radici. Vedo che la cultura Hip Hop viene soffocata dall’ignoranza di molti. Vedo rapper che vogliono fare i divi senza esserlo. Vedo che escono troppi dischi e video inutili. Vedo che escono dischi e video che elevano la cultura a livello mondiale. Vedo che ci sono sempre quelli che vogliono solo guadagnare senza dare niente in cambio. Vedo che ora tutti vogliono fare soldi, dall’underground al mainstream. Vedo che ci sono ancora poche figure professionali all’interno dell’Hip Hop altamente qualificate per gestire la parte del business e della comunicazione. Vedo che servizi, competenze e prodotti nell’Hip Hop italiano sono sparsi su mille siti, app, social e non sono per niente facili da trovare.

B: Ed è proprio questo che ti ha spinto a creare la piattaforma?

C.S.B.: Beh, ho pensato che era arrivata l’ora di fare qualcosa che potesse aiutare tutti quelli che realizzano qualcosa nell’Hip Hop a mostrare i loro servizi o prodotti in un punto unico, facile da raggiungere. Nello stesso tempo credo che possa anche essere utile pubblicare interviste o profili di chi già ha un suo business, come esempio e ispirazione visto che servono artisti di calibro, ma nello stesso tempo anche figure che possano gestire il business e la comunicazione mantenendo in piedi la baracca per i prossimi anni, e spero decenni, senza rischiare una nuova depressione. Visto che da anni realizzo siti web, mi è sembrato naturale concretizzare l’idea creando un sito, quello che in inglese viene chiamato “marketplace” (mercato), specializzato solo nell’Hip Hop. Ho anche pensato di offrire gratuitamente il servizio di Yoori Skills a qualsiasi sito, pagina social o YouTube che parli di Hip Hop, creando una sorta di ponte tra diverse realtà. Sì lo so, sono un po’ ingenuo ma ci voglio provare.

B: Come funziona il sito, nella pratica?

C.S.B.: Yoori Skill è un marketplace per tutti gli mc, dj, produttori discografici, organizzatori di concerti ed eventi, writer, b-boy, fashion designer, videomaker, fotografi, graphic/web, designer, scrittori, venditori di streetwear, sneakers, dischi rari e tutto il resto che ha un nesso con l’Hip Hop anche alla lontana, tipo un servizio di commercialista per mantenere in ordine i tuoi conti e pagare le tasse. Con un account si può essere sia venditore che acquirente. Chi vende può pubblicare gratis i suoi annunci e trovare senza sforzo nuovi clienti in Italia e in tutto il mondo (c’è anche una versione in inglese) tenendo per se il 100% delle sue vendite. L’acquirente può trovare servizi o prodotti direttamente dai migliori musicisti, artisti, fotografi, grafici e videomaker. Ci sono ottomila siti e social network che offrono mercati per spingere quello che uno fa; alcuni sono generici, altri più specializzati, ma pochi o nessuno sono focalizzati solo sull’Hip Hop. Il rap e l’Hip Hop hanno le loro regole, stile e linguaggio. Su Yoori Skills ci si capisce a vicenda perché c’è la stessa attitudine e visione.

B: In Italia spesso chi fa un lavoro creativo è molto attento alla creatività e poco all’aspetto economico: in che modo un sito come il tuo può migliorare la situazione?

C.S.B.: Questo è il punto chiave. Quasi sempre, per sua natura, un artista o un creativo non sa gestire l’aspetto economico, quindi o si trova un socio più orientato al business oppure da solo fatica non poco a combinare qualcosa. Yoori Skills può aiutare perché porta i clienti dall’artista, che quindi può concentrarsi principalmente su quello che gli riesce meglio, creare. Presentare un servizio o un prodotto alla volta con un prezzo fisso, poi, aiuta a creare dei pacchetti e organizzare le proprie competenze. Inoltre si può imparare a gestire i clienti secondo un flusso di lavoro predefinito, che consenta di risparmiare tempo e problemi. Generalmente i marketplace chiedono una commissione che in alcuni casi raggiunge il 20%, ma sapevo che un sistema del genere non avrebbe funzionato perché tutti vogliono tutto gratis, quindi ho deciso che su Yoori Skill nessuno paga niente, chi vende e chi compra, basta che si mettano d’accordo tra loro. In futuro un venditore o un acquirente che vorranno avere maggiori garanzie sul pagamento, potranno scegliere di affidarsi al sistema di pagamento gestito da Yoori Skills, che però tratterà una percentuale, la più bassa possibile (l’uso della carta di credito comporta dei costi per ogni transazione).

B: In ambito urban ci sono moltissimi casi di imprenditori e creativi che partendo dal niente sono riusciti a costruire un impero. Quali sono le tue storie preferite, quelle che prendi a modello?

C.S.B.: Ce ne sono tante, ogni storia è a sé: può essere fonte d’ispirazione ma non è proprio possibile copiare esattamente esperienze di altri, specialmente se arrivano dagli USA, dove funziona tutto in modo estremamente diverso rispetto al nostro. Quindi posso dire di non aver mai preso ad esempio qualcuno in particolare, ma se potessi (ovvero se avessi le casse piene!) farei come Nas, che continua a far fruttare i suoi soldi restituendo nello stesso tempo tanto alla comunità e all’Hip Hop. Altro esempio è James Jebbia, fondatore di Supreme. È riuscito tramite una strategia molto furba a valorizzare un marchio rendendolo un cult. In Italia sono stati solo capaci di rubarlo invece di creare un loro marchio (si riferisce alla tragicomica vicenda di Supreme Barletta, ndr): sono sicuro che se avessero voluto avrebbero potuto creare una loro storia, ma la cultura di fare i furbi tipicamente italiana ha prevalso.

B: Tu stesso, quando eri giovanissimo, hai rischiato tutto per creare una realtà imprenditoriale: Paola Zukar scrive nel suo libro che sei l’unica persona che conosce ad aver effettivamente chiesto un prestito in banca pur di aprire un business legato all’hip hop, in questo caso Aelle…

C.S.B.: Sì, vero, ho sempre avuto il coraggio, o l’incoscienza, necessari per fare il primo passo. La passione mi ha sempre spinto a rischiare, pure ora che non sono più un ragazzino (ma fortunatamente lo sono rimasto di testa), ma è importante farlo senza esagerare, fare debiti non è mai un buon sistema per avere un’attività sana. Per iniziare può essere necessario richiedere un prestito o un finanziamento da parte di un investitore (anche se in questo caso rischi di perdere il controllo della tua attività), ma devi avere un piano che ti permetta di essere quasi sicuro di poterlo ripagare in tempi brevi, altrimenti è meglio evitare e avere la pazienza di far crescere la propria attività da sola mettendoci dentro tanto tempo ed energia.

B: Con Yoori Skills parti nuovamente da solo come ai tempi di AL?

C.S.B.: Sì, decisamente. Per una questione pratica parte come side project, ovvero in parallelo alle altre mie attività che mi danno da campare, visto che per ora mi assorbe tanto tempo e in cambio mi dà zero soldi. Quello che spero è di trovare collaboratori e costruire con il tempo un team: io ho la testa giovane ma anagraficamente non lo sono, vorrei che fossero i venti/trenenni di oggi a portarlo avanti. Ogni generazione deve parlare alla sua generazione, sono conscio che io non posso farlo se non in modo limitato. Quindi spero di ricevere presto l’equivalente dell’email che Paola Zukar mi mandò nel 1992 con cui iniziammo a collaborare su AL! Come detto vorrei fare molte interviste (solo in video) con chi già ha una sua attività, articoli d’approfondimento e sviluppare a livello marketing e gestione il sito, attendo impaziente… (Per contattare Sid, clic qui, ndr).

B: Che consigli daresti ai giovani imprenditori nell’Hip Hop business di oggi?

C.S.B.: Quello di essere costanti e non lasciarsi scoraggiare dalle prime difficoltà. La gente non aspetta te. Io per ora sto provando a far funzionare Yoori Skills, ma sono conscio che per tutti voi lì fuori non è una cosa importante come lo è per me: ognuno ha i suoi cazzi e nessuno ti mette per primo nella lista delle sue priorità. È giusto così. Ci sono milioni di esempi di gente che ci ha messo anni per avere successo ma ogni giorno ha sempre continuato ad andare avanti a testa bassa. Nello stesso tempo bisogna avere anche la lucidità di capire quando è il caso di smettere e non insistere, perché quello che si è fatto non funziona. Non bisogna prendere questa eventualità come un fallimento ma pensare che è tutta esperienza accumulata. Non è mai tempo sprecato.