Anche questa volta, prima di entrare nel vivo dell’argomento, ci tocca fare una premessa (che tra l’altro avevamo già fatto in molte altre occasioni): quanto vale, secondo voi, l’esperienza di un live fatto come si deve? La nostra risposta la conoscete già: vale parecchio, ed è giusto che costi in proporzione a ciò che gli artisti e i promoter hanno investito per mettere insieme uno spettacolo solido, emozionante, spesso unico nel suo genere. In un mondo ideale la musica dovrebbe essere un regalo, ma nel mondo di oggi è irrealistico e ingiusto pretendere che tutti i concerti costino dieci euro, come sembra fare una sempre più larga fetta di ascoltatori. Alcuni artisti arrivano da lontano, non ritorneranno tanto facilmente in Italia, e tra l’altro dalle nostre parti abbiamo l’occasione di vederli in situazioni più intime e preziose, piuttosto che nelle grandi venue che riempiono con facilità in patria: se non accogliamo con gioia ed entusiasmo opportunità come queste, poi non lamentiamoci del fatto che i nostri artisti preferiti boicottino l’Italia. Tutto questo per raccontarvi che gli IAM, seminale collettivo hip hop di stanza a Marsiglia, che ha fatto la storia del rap francese e oltralpe fa il tutto esaurito negli stadi, per la prima volta ha suonato ai Magazzini Generali di Milano. Il loro tour europeo stava andando molto bene, basti pensare che il loro concerto londinese alla O2 Academy ha fatto il tutto esaurito a poche ore dall’apertura del botteghino. Causa scarsità di biglietti acquistati in prevendita, però, il concerto rischiava di saltare: un applauso a Live Nation che ha deciso all’ultimo secondo di non annullarlo, ma di renderlo un evento gratuito, non senza qualche polemica da parte di chi il biglietto l’aveva già acquistato (più che comprensibile, ma è anche vero che se non fosse stato per questa soluzione in extremis anche loro non avrebbero potuto godere dello show). Una volta abbattuto l’ostacolo del prezzo, il locale si è riempito con grande facilità e a giudicare dai cori da stadio che accompagnavano ogni canzone, la maggior parte dei presenti erano effettivamente fan degli IAM: il pubblico potenziale, quindi, non mancava – anche perché c’è una larghissima comunità francofona a Milano.
Tornando alla musica, è stato senz’altro uno dei concerti rap più godibili degli ultimi tre anni. Gli IAM, pur avendo delle personalità individuali ben distinte, basano tutta la loro energia sull’essere una squadra compatta: schierati sul palco ci sono quattro rapper e tre dj, e nonostante la leadership di Akhenaton prevalga in qualche modo sul mood generale (anche perché, essendo di origine italiana, è visibilmente emozionato all’idea di suonare da noi) l’armonia regna sovrana: si muovono quasi all’unisono, perfettamente sincronizzati, perfino vestiti in maniera simile, con jeans e t-shirt bianca d’ordinanza. L’esatto opposto del Wu-Tang Clan, per dire, che pur essendo altrettanto numeroso sul palco prosegue in ordine sparso, spesso senza neppure guardarsi in faccia l’uno con l’altro. I nostri eroi partono alla grande, bruciandosi subito tre delle loro principali hit (L’Ecole du Micro D’argent, Nés sous la même étoile e Samouraï) e infiammando letteralmente il pubblico. Lo spettacolo prosegue su vibrazioni molto positive: felici di essere insieme, felici di avere davanti un pubblico diverso da quello a cui sono abituati, non si fermano e non hanno un momento di esitazione o di calo di tono per tutta la durata del concerto. Il bis si conclude con un cambio di maglietta (stavolta nera per tutta la crew) e perfino con l’accenno a un balletto coreografato, che scatena l’ilarità generale sia in platea che in scena. Chi c’era è senz’altro uscito dal locale felice e soddisfatto, chi non c’era… Ci dispiace per loro. Nella gallery qui sotto, le bellissime foto della nostra Giulia ‘Ghostdog’ Alloni.
(Ph: Giulia ‘Ghostdog’ Alloni, tutti i diritti riservati)