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Egreen: l’intervista

21-09-2014 Marta Blumi Tripodi

Egreen: l’intervista

Ci sono rapper la cui parabola dura una stagione (rapidamente ottengono la gloria, rapidamente scompaiono) e rapper la cui costanza e solidità si articola nel corso di una vita intera. Egreen – o Evergreen, o Green, o più semplicemente Nicholas, come lo chiameremo durante questa intervista – appartiene senz’altro a quest’ultima categoria. Chi frequentava la scena hip hop di Milano e dintorni quindici anni fa già conosceva il suo nome, ed è una piacevole certezza vedere che a distanza di tanto tempo sta ancora raccogliendo i frutti del suo impegno. Si è fatto conoscere come un rapper solido, massiccio, potente sia su disco che live, ma soprattutto come uno che non le manda a dire: o meglio, spesso è il rapper che dice ciò che tutti pensiamo, ma che nessuno ha il coraggio di esprimere ad alta voce. Anche per questo motivo Il cuore e la fame è stato uno degli album di hip hop italiano più apprezzati dell’anno scorso, ed è probabile che lo sarà anche Beats’n’Hate, il suo prossimo, atteso lavoro. Ci vorrà ancora un po’ per ascoltarlo, ma nel frattempo il nostro eroe non ci lascia a bocca asciutta: debutta proprio oggi il suo nuovo video, Non cambio, tratto dall’EP Entropia vol. 2 fuori a ottobre (il primo dopo l’uscita dal collettivo Unlimited Struggle). Hotmc lo ha incontrato per voi in esclusiva, dopo avere ascoltato l’EP in anteprima, per parlare dei suoi nuovi progetti, ma anche del suo passato recente. E il video di Non cambio lo trovate qui sopra.

Blumi: Questa è la nostra prima vera e propria intervista, quindi partiamo dall’inizio. Sei di origine colombiana, hai vissuto a lungo sia lì che in America e poi sei approdato in Italia. Perché alla fine hai scelto di fare rap proprio qui, in italiano e per gli italiani?

Nicholas: In primis, per delle casuali circostanze spaziotemporali: nell’età in cui ho cominciato a maturare concretamente il desiderio di fare rap, ero già in Italia. La prendo un po’ come una sorta di segno del destino, diciamo. Un sacco di gente mi dice che mi vedrebbe meglio altrove, ma io sono davvero fermamente convinto – non so neanch’io perché – che finché le forze e le energie mi assistono, io devo fare il rap qui. È quasi una vocazione.

B: Per te, in effetti, è sempre stata una vera e propria missione: senti molto il dovere di fare rap, di tenerlo vero, di non tradire lo spirito originale della faccenda…

N: Sì, esatto. In un modo un po’ contraddittorio, forse, perché non lo faccio per l’hip hop, ma per me stesso. È il mio modo di andare a star bene, o almeno di provarci, perché io in realtà non sto mai del tutto bene con il mondo che mi circonda. Detta così sembra un po’ il cliché dell’artista tormentato, ma per mille motivi diversi io mi vivo sempre tutto malissimo, e con il rap vado alla ricerca di un senso di pace che forse non troverò mai, ma a cui senz’altro riesco ad avvicinarmi solo così. Per me è tutto estremamente viscerale e personale, insomma.

B: Parlando invece dell’EP che sta per uscire, perché hai optato per un’Entropia parte 2, anziché per qualcosa di completamente diverso? Te lo chiedo soprattutto perché, avendo avuto occasione di sentirlo, è evidente fin dal primo ascolto che si differenzia molto dal primo capitolo…

N: Sono una persona molto caotica: comincio con un progetto ma poi subentrano riascolti, consigli, ripensamenti, e soprattutto cambi di direzione. A un certo punto, invariabilmente, mi ritrovo con un insieme di pezzi che non sempre hanno un filo conduttore o una sonorità omogenea, così decido di concepire anche dei progetti paralleli che possano racchiudere le altre facce della medaglia. È successo durante la lavorazione de Il cuore e la fame (durante la quale ho prodotto sia Bricks & Hammers che Entropia vol. 1) e sta succedendo anche per Beats’n’Hate, che ha generato Entropia vol. 2. In sostanza, di solito durante la lavorazione di un disco faccio sempre ascoltare i pezzi appena registrati alle persone che mi sono più vicine, per avere il loro parere. A fine estate, qualcuno di cui mi fidavo molto mi ha suggerito di raccogliere alcuni di questi pezzi in un EP, perché tutti insieme avevano un senso, anche in quanto il sound e le tematiche sono un po’ diverse dalle mie solite, come hai notato tu. Non so se piacerà o non piacerà, ma ho pensato di rischiare.

B: Quindi il tuo album viaggerà su binari diversi da quelli di Entropia vol. 2?

N: Esatto, ma non voglio sbilanciarmi. Però posso dire fin da subito che all’interno di Entropia vol. 2 ho voluto inserire un pezzo per i miei aficionados che senz’altro farà capire a tutti come sarà il disco, proprio perché era uno dei brani già pronti da inserire in Beats’n’Hate. La sfida che vi lancio è questa: non fatevi beffare dalle contraddizioni del progetto, e cercate la traccia misteriosa che vi svelerà l’arcano del mio prossimo album! (ride)

B: Naturalmente è fuori questione che tu ci dica di che traccia si tratta, vero?

N: Assolutamente! (ride) Comunque non credo sia difficile cogliere gli indizi, per chi mi segue da sempre.

B: Parliamo un attimo delle sonorità dell’EP, che come dicevamo prima deviano un po’ dalle tue solite. C’è molta gente che cerca di cambiare sound per accalappiare più pubblico, ma dopo averlo ascoltato non mi sembra il tuo caso. Mi sembra, piuttosto, di ascoltare un’evoluzione di Egreen, più futuristico del solito ma pur sempre coerente e fedele a se stesso…

N: Beh, senz’altro è gratificante che la prima impressione sia questa! Soprattutto perché io baso la mia musica sulla coerenza (non perché ci tengo a fare bella figura con la gente, ma per me stesso, come dicevamo prima). La scelta di queste sonorità è stata dettata dalle circostanze, per così dire: ho avuto occasione di ascoltare alcune produzioni di Iamseife, che è uno dei beatmaker presenti in questo EP. Ho trovato le sue cose molto belle, ha un modo interessante di lavorare sui suoni, così ho deciso di provare a lavorare su una delle sue strumentali e poi su quelle di altri producer per me atipici. Sia chiaro, io non sono un connoiseur di questo tipo di sonorità: mi baso prettamente sul mio gusto personale. I beat presenti sul disco mi hanno dato un certo tipo di sensazioni, per quello li ho scelti. Volevo mettermi alla prova. Oggi, ad esempio, esce il video di Non cambio, il primo singolo estratto: come potrete vedere sia clip che pezzo sono molto autoironici, mi prendo per il culo da solo. L’ho preso come una sfida: la gente non si aspetterebbe mai di sentirmi rappare su un beat del genere, non me lo aspetterei neanch’io, ma mi sono detto “Fanculo, se voglio posso rappare su qualsiasi cosa!” e mi sono buttato. Insomma, come vedi non c’è una vera e propria ragione per questo cambio di sound: è capitato e basta.

B: Ecco, a proposito di Non cambio: potrebbe essere interpretato come una sorta di messaggio alla nazione, per così dire. Ad esempio, rivolgendoti ai tuoi colleghi, dici “Non ti rendi conto/ che stiamo facendo la cosa più bella al mondo”. Perché c’è bisogno di ricordarlo, secondo te?

N: Perché ultimamente, soprattutto a Milano, ho notato che si sta un po’ perdendo il senso del rap. Colleghi e amici che leggerete questa intervista, fatevi pure tutte le seghe mentali che volete, ma come sapete ci tengo a differenziare i rapporti umani dalla musica: ad alcune persone voglio molto bene, ma penso che artisticamente abbiano altre priorità, rispetto a quelle che dovrebbero essere le finalità della faccenda. Raga, questa è musica rap: non prendiamoci per il culo. Non può ridursi SOLO a una questione di evoluzione del suono, anche se voi vorreste convincermi del contrario. Non ci credo, alla storiella che da quando è uscita la strofa di Kendrick nel pezzo di Big Sean con Jay Electronica tutto è cambiato e anche voi vi sentite giustificati a fare i trascendentali. Vi piace tanto usare l’espressione Raise the bar up: raise the bar up for what, dico io? Questo è rap, l’essenziale è spaccare il culo. Il rap è legato strettamente ad alcuni canoni, e sono quelli che lo rendono la cosa più bella al mondo. Magari per voi la cosa più bella al mondo non è fare rap, ma fare musica, il che è legittimo. Io però non sono un musicista, un poeta, un filosofo: sono un cazzo di mc. Non voglio promuovere l’ignoranza a tutti i costi, voglio solo ricordarvi che questa roba funziona così, da sempre. E in fondo, anche se forse ve ne ricordate solo la sera prima di andare a letto, lo sapete benissimo anche voi. Qualcuno ogni tanto deve rispiegarvelo, e quel qualcuno in questo caso sono io.

B: Restando in argomento, nel video di Non cambio ti becchi mazzate, frutta marcia, insulti e docce gelide per tutta la durata del brano: com’è nata l’idea?

N: Non ti arrabbiare se ti do sempre la stessa risposta, ma anche qui non c’è un motivo vero e proprio! (ride) È nata da un po’ di sano brainstorming, e dalla necessità di sfruttare al massimo le risorse che avevamo e il tempo a nostra disposizione. Sono uno che si fa dei gran viaggi di fantasia, e anche per quello mi piace molto avere una squadra di registi, grafici e creativi che poi mi aiutano a concretizzare le idee quando si tratta di promuovere un album. In questo caso la regista del video è Martina Pastori – che saluto, abbraccio e ringrazio insieme a tutto il suo staff – e con Matteo De Francesco, Andrea Parente e Oliver Dawson abbiamo tirato fuori una serie di scenette collegate insieme da un unico piano sequenza. Nulla di particolarmente nuovo o originale, insomma, ma credo che il risultato sia ottimo.

B: L’impressione è che il video sia volutamente ironico e buffo per sdrammatizzare un po’ il contenuto del brano, che è un vero e proprio sfogo riguardo a tutto quello che ti è successo nell’ultimo periodo…

N: Assolutamente. Non avevo voglia di esprimere negatività o rabbia, preferivo fare qualcosa di diverso. Il pezzo è già abbastanza forte di suo, visto che nelle liriche non nascondo certo il mio parere e non uso giri di parole: entafizzare ulteriormente quell’aspetto anche nel video lo avrebbe reso fin troppo pesante. Sdrammatizzare, comunque, è stata la cosa giusta: avevamo davvero bisogno di farci quattro risate.

B: Come immaginerai, siamo arrivati al fatidico momento in cui ti chiedo il perché della rottura con Unlimited Struggle. Innanzitutto: sei tu che te ne sei andato o sono loro che ti hanno allontanato?

N: È complicato da spiegare. È come con la fidanzata: agli amici dici che l’hai mollata tu, lei invece dice che ti ha scaricato per prima e alla fine non si capisce mai cos’è successo. Diciamo che ognuno ha la sua versione dei fatti, ma per analizzarli possiamo partire da qualche dato cronologico innegabile: date, numeri. Chi volesse ricostruire la vicenda può tranquillamente andare a cercarsi su Internet la cronologia dei vari post, e capire com’è andata. La motivazione, comunque, è espressa nella maniera più chiara possibile nel comunicato che ho pubblicato sulla mia pagina Facebook. Per me è stata davvero solo una questione di trattamento del mio album: non intendo dire che Il cuore e la fame è stato trattato male, ma che ci sono state delle divergenze di opinione su ciò che andava fatto. Analizzare a posteriori queste cose è sempre difficile, si mescolano tanti fattori: il lavoro, l’amicizia, la fratellanza. Fratello è la parola più inflazionata di tutte, nell’ambiente hip hop, ma quello è un altro discorso. Io sono il primo ad ammettere che sono una persona complicata: ho problemi con le donne, con mia madre, con gli amici… Sono difficile da gestire, lo so bene. Magari anche questo ha influito. Ovviamente le possibili versioni dei fatti sono molte, io mi limito a raccontare la mia.

B: A proposito del comunicato di cui parlavi, quello in cui dichiaravi di essere fuori da Unlimited Struggle: la cosa che ha colpito tutti è che il tuo era molto pacato, mentre la replica di Unlimited Struggle usava toni molto duri nei tuoi confronti, tanto che “comunicato” probabilmente non è neanche la parola giusta nel definirlo. Come ci sei rimasto quando l’hai letto?

N: Non ci sono rimasto bene, ovviamente. Come dicevamo prima, in quest’ambiente si tende a diventare amici di alcune persone per questioni di stima artistica: da una parte è una cosa bellissima, ma è anche molto rischioso mischiare fratellanza umana e rispetto musicale, perché poi si confondono i due piani. Tutto questo per dire che senz’altro in alcune cose loro hanno sbagliato con me, e in altre ho sbagliato io con loro. Io sono una persona di cuore: se ti dico che ti voglio bene, te ne voglio davvero. Ma è proprio per questo che poi, quando succedono i casini, rischio di non essere abbastanza distaccato: perché mi colpisce davvero. Detto questo, dentro Unlimited Struggle ci sono sicuramente alcune persone a cui devo moltissimo professionalmente e alcune persone a cui tengo davvero umanamente.

B: Insomma, sei rimasto legato ad alcune persone del collettivo.

N: Ci sono senz’altro delle persone con cui mi sento ancora, anzi, con alcune di loro si è creato un rapporto talmente stretto che la musica passa in secondo piano (anche se sembra una banalità). Altre, invece, ovviamente non le sento più, ma erano quelle con cui non avevo tanto legato neanche quando dividevamo la stessa crew.

B: Ecco, a proposito. Quando è uscito il post di Unlimited Struggle di cui parlavamo prima, quello in cui annunciavano che non facevi più parte della crew, molti hanno interpretato il messaggio in questo modo: Egreen se ne va perché non si accontenta di un’indipendente e vuole firmare con una major. Una volta per tutte: è vero?

N: Certo che no, tant’è che sto uscendo con questo EP in regime di autoproduzione. La cosa che mi ha scosso, di tutta questa storia, è proprio questa: che davvero tutti si sono convinti che io stessi per uscire con una major, dopo aver letto quelle parole. E non è assolutamente così.

B: Tornando all’EP, contiene anche una traccia che riunisce diversi membri della Voodoo COD, ovvero Vacca e Jamil, oltre a te e Malanova. Questo vuol dire che sei entrato a far parte della crew?

N: È una domanda simpatica, perché sono già parte della Voodoo COD da tempo, ma molti non sembrano essersene accorti! (ride) Anzi, questo dovrebbe già darti un’idea di come sono andate molte delle cose di cui abbiamo parlato finora. Li conosco e li frequento da tantissimi anni, avevamo già collaborato su lavori di altre persone e alcuni di loro sono dei veri e propri fratelli. Insomma, non stiamo legittimando né svelando niente: è una situazione che esisteva già da tempo e, visto che è capitato il beat giusto, ho colto l’occasione per riunire tutti sulla stessa traccia. Nel pezzo ho voluto coinvolgere anche Malanova, che è un po’ meno conosciuto: è un rapper giovane, calabrese ma residente a Roma, molto valido, che – se non fa cazzate – credo dimostrerà di avere molto da dire. Sia chiaro che, è un mio amico ma l’ho coinvolto perché credo sia molto capace, anche se un po’ acerbo: io non rappo con gli scarsi (neanche con gli amici scarsi), è una cosa che odio fare.

B: Un’altra domanda: in una recente puntata del suo videoblog Fedez se la prende con i rapper che fanno i puristi del rap, e in particolare con te (il tuo nome è bippato, ma si legge dal labiale), spiegando che vi conoscevate piuttosto bene e che fino a pochi anni fa non hai mai avuto problemi con lui. L’hai visto, quel video?

N: L’ho visto, certo. Che dire… Federico, in tutta sincerità ti ringrazio, è stata una sorpresa inaspettata. Se è vero che la frase è rivolta a me (lo dicono tutti, ma io non ne sono sicuro, non so leggere il labiale) mi sento quasi lusingato! (ride) Diciamo che oggi l’hip hop è sotto i riflettori, ma la gente tende a dimenticarsi come andavano le cose fino a qualche anno fa. La memoria tende ad essere un po’ corta ultimamente, seppellita a colpi di social network, ma a Milano non ce l’abbiamo così corta. Tutti sappiamo tutto, da queste parti, quindi c’è poco da argomentare. Chi deve conoscere la verità, già la conosce, quindi bella lì e grazie.

B: Cambiando completamente argomento, tu hai una schiera di fan affezionatissimi e attivissimi (ribattezzati tra l’altro FANtini, dal tuo cognome): una delle loro attività preferite è trasformarti in un meme, ne esistono davvero parecchi con te protagonista. Qual è il tuo preferito?

N: La vera hit è quella tratta dalla video intervista che ho fatto per Noisey qualche tempo fa. A un certo punto raccontavo che io sono quello che, se sbagli tutto sul rap, viene a dirti “Eh no, coglione!”: un ragazzo ha preso il frame di quell’istante, sottotitolandolo proprio “Eh no, coglione!”. Lo adoro, ed è girato parecchio. Un altro che ho apprezzato molto è un’accuratissima immagine photoshoppata in cui la mia faccia è stata rimontata su una foto del papa. Terzo e quarto meme a parimerito, direi quelli in cui hanno messo prima la mia faccia in una foto di A$ap Rocky e poi in una di Tyler the Creator. Comunque li ho trovati tutti davvero simpatici, mi hanno fatto straridere, quindi colgo l’occasione per ringraziare tutti per l’affetto e il supporto che mi dimostrano ogni giorno.

B: Non mi resta che chiederti che cosa ti aspetta da oggi in avanti…

N: Prossimamente, visto che Entropia 2 è già pronto, lavorerò soprattutto al progetto Beats’n’hate, di cui ho già un po’ di materiale pronto: se tutto va come deve andare, entro l’estate 2015 dovrebbe essere fuori. Nel frattempo, continuerò a suonare il più possibile in giro per l’Italia. A parte questo, ogni tanto mi capita anche di andare in giro a vedere questa pessima cover band, Carati: sono talmente sfigati che ogni volta che ho voglia di farmi quattro risate vado a uno dei loro concerti.

B: Sai per caso se stanno anche lavorando a un album, visto che sei così informato?

N: Sono talmente scazzati che penso vogliano solo ridicolizzare l’hip hop giocando a fare la supercrew: essendo dei gran coglioni, presumo continueranno a fare le loro cose senza capo né coda, a caso. Sono gente senza futuro: fortuna che c’è qualcuno che nel frattempo accumula dischi di platino, altrimenti il rap italiano andrebbe a rotoli. Nella musica bisogna affidarsi a chi fa i numeri!

B: C’è qualcosa che ci tenevi a dire e che non ti ho chiesto?

N: Ci tenevo a ringraziare e abbracciare tutti i ragazzi che fanno parte dei collettivi che ho l’onore di rappresentare: Fuxia, B&H, Voodoo COD e C4 e tutti coloro che mi stanno aiutando in questo momento un po’ complicato della mia vita. E naturalmente saluto e ringrazio anche tutti coloro che da sempre continuano a seguirmi sotto il palco, dimostrandomi un affetto enorme che ogni volta mi scalda il cuore.