A quest’ora già saprete che a vincere il primo Red Bull Culture Clash italiano è stata – meritatamente – la crew Macrobeats, in un clima da stadio, anzi, più precisamente da mondiale sudafricano, vista anche la presenza massiccia di fischietti e vuvuzelas. Raccontare quello che è successo non è semplice (potete vedere qualche foto sulla nostra pagina Facebook), ma noi ci proviamo comunque.
Innanzitutto, partiamo dall’abc per chi si fosse perso le puntate precedenti: il Red Bull Culture Clash è esattamente ciò che il nome promette, ovvero un clash tra diversi soundsystem. Quattro, per la precisione, ovvero Macrobeats, Roccia Music, Elastica e Lucky Beard, ciascuno con un suono e una declinazione diversa, ma tutti gravitanti attorno a black music ed elettronica. Ciascuna crew affronta tre round di un quarto d’ora, e durante i vari round usa il proprio sound system per pompare i propri edit e la propria musica, spesso con l’aiuto di hype man e ballerine, e occasionalmente chiamando ospiti speciali sul palco. I palchi, uno per ogni crew, sono disposti agli angoli opposti di una gigantesca struttura ellittica e il pubblico ruota ogni volta che si “accende” un palco diverso. Alla fine di ogni round si vota, urlando e applaudendo: un rilevatore di decibel stabilisce chi ha ottenuto più gradimento, e vince chi genera più casino. Durante il terzo turno, inoltre, si rimescolano le carte: ciascuna crew deve suonare le sonorità di quelle di un altro sound system presente (ce li vedete gli elettricissimi e acidissimi Lucky Beard a suonare, per esempio, il reggae solare di Macrobeats?)
Nel backstage e nella zona addetti ai lavori si respira un’aria elettrica, e soprattutto un tifo scatenato: tutti sono pronti a sostenere la propria “squadra” del cuore con ogni mezzo, e dietro le quinte si aggirano personaggi normalmente serissimi e insospettabili armati di trombette da stadio e altre diavolerie rumorosissime. Passeggiando tra un palco e l’altro incrociamo – letteralmente – nani e ballerine, e ben presto capiremo il perché. Nello specifico, il nano è stato assoldato da Lucky Beard e anima il secondo round aggirandosi sulla scena in sella a una bmx da bambino, vestito come un motociclista acrobatico; le ballerine, invece, sono numerose, e ogni crew ha le sue (Roccia Music le spogliarelliste del Pepe Nero, ad esempio, mentre Macrobeats delle vere e proprie dancehall queen). Ogni sound system sfodera tutta la sua abilità, schierando tutti i propri mc come hype men sul palco e i propri dj in console, ma non mancano gli special guest: Noyz Narcos, insieme all’intera Machete Crew (tranne Salmo che si schiera con Roccia Music), danno man forte a Lucky Beard, mentre a sostegno di Elastica accorrono Ensi e Doner Music; Roccia Music ospita sul palco Guè e Tormento, e Macro Beats accoglie Turi e i Reset. Alcuni non riescono ad essere presenti di persona, ma registrano messaggi a sostegno di questa e quella crew, vedi il Danno (per Lucky Beard) e Clementino (per Roccia Music). Insomma, la carne al fuoco è tanta, tantissima.
Come in ogni gara che si rispetti, sgambetti agli avversari e frecciatine non si fanno attendere. Tra i più memorabili, Elastica che si rivolge a Roccia Music affermando che “Voi fate rap, ma a noi piace l’hip hop, che è tutta un’altra cosa” (poco dopo Marra risponderà con un bel vaffanculo dall’alto del suo palco); Roccia Music che, sperando di accaparrarsi le simpatie del pubblico, sulle note di Senicar porta sul palco un intero strip club e fa spogliare le ballerine, che rimangono sul palco in tanga e copricapezzoli; Macrobeats che al microfono accusa Lucky Beard e Roccia Music di aver violato le regole per aver suonato dei brani già editi e non degli edit propri (l’accusa si rivelerà fondata solo nel caso di Lucky Beard, che infatti viene squalificata al terzo turno). In un susseguirsi di colpi di scena e colpi bassi – pochi, per fortuna – si giunge al finale e il vincitore annunciato è proprio Macrobeats, che per ultimo aveva chiuso le danze con un Ghemon in gran forma. Come dicevamo all’inizio, una vittoria meritatissima, anche perché Macro Marco viene proprio dal mondo dei sound system: l’amore e la conoscenza per la materia si sentivano in ogni gesto e in ogni mossa, staccando di una spanna netta tutti gli altri, che pure sono stati bravissimi, contribuendo a rendere la sfida ancora più emozionante e giocata fino all’ultimo. Insomma, una serata memorabile sotto molti punti di vista: congratulazioni a tutti i presenti sul palco e agli organizzatori, che effettivamente hanno dimostrato come generi musicali tutto sommato di nicchia, e fenomeni di nicchia come i clash, possano diventare qualcosa di gigantesco e spettacolare perfino in Italia.