All’indomani dell’uscita del suo lavoro da solista International Business, già grande successo di critica e di pubblico, abbiamo avuto modo di intervistare Kg Man, una delle voci dell’ottima reggae band toscana Quartiere Coffee. Vediamo cosa ci ha raccontato a proposito di questo album dal forte respiro internazionale e della musica reggae in generale.
Haile Anbessa: cominciamo quest’intervista parlando della tua fatica discografica…
Kg Man: hai usato proprio il termine corretto perché quest’album mi è costato parecchio sudore. International Business è infatti stato concepito in circa un anno e mezzo di lavoro e con un livello di impegno tra i più alti che mi sia trovato a riversare in un progetto discografico. Il mio intento era quello infatti di coronare tutti i singoli importanti che ho rilasciato nel corso del tempo con un album altrettanto ben congegnato come gli ottimi lavori precedenti per il mercato discografico.
H.A.: parlami delle collaborazioni all’interno dell’album…
K.M.: fin dall’inizio per quest’album l’intenzione è stata quella di avere almeno 5 featuring ad altissimi livelli. I primi ad essere interpellati sono stati gli artisti italiani che stimo maggiormente umanamente e professionalmente tra cui possiamo trovare sicuramente Boomdabash, Mellow Mood e Raphael. Soprattutto con i Boomdabash era una vita che si voleva collaborare assieme data la grande stima reciproca. I tempi questa volta erano maturi ed è nata Forward, una tune che si è adattata a entrambi come un vestito su misura. Stesso discorso per i Mellow Mood con cui c’è un’amicizia fraterna e la cui collaborazione assieme di sicuro non si fermerà a questo album. Idem per quanto riguarda Raphael che è un fratello da una vita. Per quanto riguarda le collaborazioni internazionali invece abbiamo ospitato Sizzla Kalonji e Luciano nato da un lavoro molto importante per evitare di fare le solite tracce con voci mandate in maniera separata e fredda dalla Giamaica ma fare qualcosa realmente con passione. Per questa vera e propria missione è intervenuto il sound Kaliweed che ha una corsia preferenziale con Judgement Yard e quindi ci ha permesso di registrare sul posto direttamente con Sizzla. Il brano si chiama Rev Up the Engine che significa più o meno dai gas al motore ed è un pezzo che contiene a pieno le vecchie atmosfere che conosce chi è veramente è sound boy, quel gasamento che col tempo si è sempre più andato a perdere. È bene che si capisca che quella della dancehall e quella del deejay style è una vera e propria cultura che però i nuovi ascoltatori spesso ignorano.
H.A.: a questo proposito secondo te quali sono gli elementi veri di un sound boy?
K.M.: questa è una domanda interessantissima per me. Per quanto mi riguarda il vero sound boy può essere o il trentacinquenne con famiglia e figli che però è sempre aggiornatissimo su tutte le ultime uscite della Giamaica anche degli artisti più sconosciuti o il venticinquenne che spinto dalla passione per questa musica mette su il proprio sound system vecchio stile e magari tramanda la tradizione nata dai pionieri. Comunque chi sa di cosa parlo conosce già la situazione alla perfezione.
H.A.: parli così perché hai notato che la musica reggae è forse diventata un po’ troppo crossover?
K.M.: guarda secondo me tutti possono fare la canzoncina reggae con la chitarrina in levare oppure tutti possono parlare di erba. Quando si parla di musica reggae si parla in primo luogo di cultura e quindi solo chi vive questa musica in un certo modo può farla di conseguenza nel migliore dei modi. Quando ero più giovane e volevo prendere il microfono alle dancehall quasi prendevo gli schiaffi perché ci vuole sempre rispetto e conoscenza di quello che si fa. I tempi possono essere cambiati oggi ma il reggae a livello mondiale continua a tirare avanti solo grazie all’undeground.
H.A.: quale è quindi la soluzione che suggerisci per riportare agli albori la situazione?
K.M.: è tutto legato alle nuove generazioni. I giovani non capiscono che la musica non è solo Youtube. Serve soprattutto che gli artisti come me o quelli più bravi di me spieghino come stanno le cose veramente e cosa sia veramente il reggae. È nostro compito rieducare le nuove generazioni a questo genere e a questa cultura.
H.A.: come hai conciliato questo tuo lavoro da solista con l’attività parallela con la band dei Quartiere Coffee?
K.M.: un riddim è sempre suonato da musicisti che sanno suonare reggae, perché il reggae è un genere che richiede un amalgama e un’armonia difficilissime da ricreare. C’è dietro tutto un lavoro certosino che permette di non confondere questo genere con nessun altro. Quindi l’attività con la band è sempre presente perché per un artista come me è normale relazionarsi con questo tipo di musicisti. Per me la musica reggae infatti si può fare solo suonandola
H.A.: e a livello internazionale come lo vedi il reggae ultimamente?
K.M.: a parte certi tentativi molto brutti per quanto mi riguarda di artisti come Snoop che diventa Lion ma adesso ha già cambiato identità di nuovo, il reggae lo vedo in espansione. Guarda l’esempio di Busy Signal che è in tutte le televisioni del mondo con Bumayè, e qui ritorniamo al discorso di prima perché Busy è un artista che viene dalla vera musica reggae cantando su un ritmo di Don Corleon e da certi ambienti. Certo persone come Shaggy o Sean Paul rendono questa musica un genere di massa ma secondo me questo non è vero reggae. Per il reggae per me poi il patwa è fondamentale e quindi anche in Italia dovremmo appropriarcene di più per essere più internazionali. Anche in questo caso comunque ci vogliono studio e dedizione.
H.A.: sarai in tour adesso per promuovere International Business?
K.M.: ora parto con il tour sia con band che con showcase, che è uno stile che mi piace molto. Sarò presto a Reggio Emilia, Bologna, Trieste, andrò anche in Francia e il 29 marzo sarò a Milano al Leoncavallo.
H.A.: hai già pronto qualcosa di nuovo?
K.M.: sì perché non mi sono mai fermato, neppure quando stavo lavorando all’album. Questo perché ricevo tantissimi riddim su cui cantare e quindi ho possibilità di scegliere. Io canto su tutto ciò che merita anche se il beat maker è un esordiente assoluto. Tento di stare dietro a tutto ma è difficile. Ultimamente mi piace molto la scena spagnola perché mi ricorda quella italiana di una decina di anni fa, quando c’era ancora entusiasmo nel fare le cose e quindi sto lavorando molto con un sound che si chiama Heavy Roots che sta facendo cose eccezionali e con altri
H.A.: ti ringrazio molto!
K.M.: bless