Un bel giorno scopri che sono già passati vent’anni dall’uscita di Enter the Wu: 36 chambers, un album che ha cambiato per sempre la concezione del rap game nell’immaginario collettivo. Scopri anche che il Wu-Tang Clan si è riunito al gran completo nella sua formazione originale (ad eccezione del compianto ODB) ed è partito per un lungo tour mondiale, durante il quale scriverà e registrerà un album per celebrare questo anniversario. Scopri altresì che il tour in questione farà tappa a Milano, e che grazie a un promoter illuminato non solo potrai fotografare il concerto – trovate le immagini nella gallery a lato, ad opera della nostra bravissima Giulia ‘Ghostdog’ Alloni – ma avrai anche la possibilità di incontrarli tutti e scambiarci quattro chiacchiere. Al che, dopo tutte queste scoperte, per le tre notti precedenti al fatidico appuntamento ti ritrovi a rigirarti nel letto, incapace di prendere sonno tanta è l’emozione; un po’ come quando da piccoli si restava svegli aspettando Babbo Natale.
Durante il concerto, nonostante l’audio decisamente imperfetto e la breve durata, l’aria è elettrica. C’è chi contribuisce a tenere viva l’atmosfera meno di altri (GZA, che sembrava un cartonato di se stesso) e c’è chi è proprio assente (RZA, che ha trascorso tutta la sua permanenza in Italia a letto malato), ma un po’ per la portata epocale dell’evento, un po’ perché sul palco il Wu ci sa davvero fare, il risultato finale non delude assolutamente le aspettative, grazie soprattutto a un Method Man superlativo. Che, per la cronaca, facendo stage diving e cercando di camminare sulla folla si è schiantato al suolo e si è quasi rotto un braccio, imparando a sue spese quali sono i tempi di attesa in Italia per fare una radiografia. Il tour si ferma a Milano per un paio di day-off, e il lunedì mattina un piccolo gruppo di giornalisti varca la soglia di un lussuosissimo hotel a cinque stelle per un faccia a faccia con i nostri eroi, i quali sono impegnati in una leggera e sana colazione: pizza al formaggio, insalatone miste, tramezzini assortiti, biscotti dal diametro di un frisbee e via dicendo. I tempi della vita selvaggia da tour sono finiti. Molti di loro viaggiano in compagnia di mogli o fidanzate, e altri in compagnia di qualche acciacco – vedi Raekwon, che fa il suo ingresso nella hall in ciabatte, lamentandosi dei reumatismi al ginocchio e facendosi spiegare dall’ufficio stampa italiano gli esercizi per distendere l’articolazione. Anche il concetto di bagordi è parecchio cambiato: per godersi il giorno di riposo qualcuno di loro è andato a fare shopping in un centro commerciale di periferia, facendo lo slalom tra famigliole cariche di buste dell’Iper, e altri si sono chiusi in una sala slot cinese, portandosi a casa a mo’ di souvenir una manciata di banconote da 5 euro vinte alle macchinette. L’unico a mantenere un aplomb da star è Method Man, che infatti risulta piuttosto antipatico: risponde a grugniti, interrompe l’intervista di una celebre rivista musicale perché vuole assolutamente sapere “perché cazzo ci avete messo così tanto a mettere un negro in copertina”, ma soprattutto è l’unico che rifiuta di fare foto con i giornalisti/fan presenti perché “non sono vestito adeguatamente”. Nonostante tutto, però, sono proprio loro, e sono più carichi che mai. E guai a chiamarli old school. “Vuol dire che pensate che non contiamo più un cazzo. Noi siamo qui e ora, e siamo ancora in grado di affrontare e distruggere chiunque”.
Quando Raekwon prende in mano la mia copia di 36 Chambers per firmarla e l’occhio gli casca sulla data d’uscita dell’album, scuote la testa con aria incredula. “1993. Ci crederesti che è passato tanto tempo? Vent’anni, cazzo. Fa impressione”. Parlandoci sembra quasi che per loro tutto sia ancora fermo a quell’epoca: nulla è davvero cambiato nei rapporti tra i diversi membri. “Non capisco perché tutti dicono che ‘siamo tornati’, non ci siamo mai mossi da qui” spiega U-God. “Ciascuno di noi ha la sua vita e la sua carriera, è vero, ma la nostra è una storia d’amore che va avanti da due decadi”. Questo giro del mondo per celebrare il ventennale, però, più che a una seconda luna di miele assomiglia a una turbolenta gita di classe, a giudicare dalle occhiaie della tour manager. Ghostface Killah conferma ridendo. “Nel tour bus suoniamo vecchia musica, cazzeggiamo, fumiamo, ci divertiamo… Ecco perché il primo leak dall’album è Family Reunion: ascoltarla è come sfogliare un album di fotografie, ti fa tornare in mente i barbecue di famiglia e i pic-nic da tua nonna. Ti dà un’idea di com’è la nostra vita quando ci ritroviamo tutti insieme”. Nonostante tutto, però, non si può dire che il gruppo prenda sottogamba il proprio lavoro: l’ansia da prestazione c’è ancora, racconta U-God. “Ci impegniamo al massimo sul palco, perché siamo una crew che ama molto suonare dal vivo. Non sempre riusciamo a fare una performance davvero ottima, ovviamente: su 40 giorni di tour probabilmente solo 36 concerti sono da urlo, i restanti quattro giorni siamo un po’ bolliti. Perciò, quando la gente ci fa i complimenti per lo show, siamo doppiamente contenti: vuol dire che ce l’abbiamo fatta a conquistare il pubblico anche quella sera”.
L’ansia da prestazione non riguarda solo il tour, ma anche il disco che stanno scrivendo nei ritagli di tempo tra una data e l’altra. Un album a cui stanno lavorando con una precisione quasi maniacale, cesellando e ri-registrando all’infinito ogni brano, tanto che una data d’uscita ancora non c’è. “Questo è un disco che potrebbe cambiare il nostro futuro, e non abbiamo intenzione di affrettare i tempi per farlo uscire entro l’anno del ventesimo anniversario solo perché la gente se lo aspetta” insiste Ghostface. “Gli ultimi due che abbiamo registrato, 8 diagrams e Iron Flag, erano okay, ma non esprimevano tutto il nostro potenziale. Stavolta invece facciamo sul serio: vogliamo fare qualcosa che assomigli a 36 Chambers o Wu-Tang Forever. Penso che vi strabilieremo tutti”. La posta in gioco è davvero alta, in un mercato discografico completamente diverso da quello in cui hanno iniziato. “L’hip hop è sempre stato uno sport competitivo, ma non è più quello di vent’anni fa. Escono centinaia di prodotti al mese e per tenere il ritmo bisogna pubblicare un album all’anno: noi non ne abbiamo voglia. Però dobbiamo tenere conto del fatto che se la gente non ti sente per un po’, tende a dimenticarsi di te. Il Wu-Tang si è imposto nel rap game come un gruppo che fa ottimi album, e quando vuoi fare ottimi album devi prenderti il tuo tempo. Per nostra fortuna noi siamo già nei libri di storia, quindi non dobbiamo dimostrare niente”. Il trucco, insomma, sta nel restare sempre in equilibrio tra il vecchio e nuovo, ma è difficile comunicare con un pubblico che spesso e volentieri non era ancora nato quando 36 Chambers è uscito, come sottolinea Raekwon. “Per le nuove generazioni le liriche e le skillz non contano più niente. Il mio hip hop era Rakim e Big Daddy Kane, il loro è tutta un’altra cosa. E non puoi davvero arrabbiarti per il fatto che la vedano in un’altro modo: non è colpa loro, non avendolo vissuto non possono sapere come funzionava una volta, non hanno idea del fatto che un tempo la cosa importante era sfidare gli altri e dimostrare di essere il migliore, e non far ballare la gente nei club. Una delle mie figlie mi ha detto che lei non vuole pensare, quando ascolta musica. Un’affermazione che mi ha fatto impazzire, ma è così che va oggi”.
Il nostro tempo purtroppo è scaduto: si parte verso un’altra tappa e i roadie stanno già caricando il tour bus con i bagagli, sorvegliati da un impaziente Inspektah Deck che si trascina appresso un trolley più grosso di lui. Se queste poche risposte non vi sono bastate, però, potete scaricare gratuitamente un’intervista molto più lunga, completa e ricca di contenuti tramite il podcast di Babylon, in onda come sempre ogni sabato e domenica su Rai Radio2. La trovate in due declinazioni: quella speciale mandata in onda ieri sera, montata con la musica scelta dai diretti interessati, e quella raw & uncut, ovvero la traccia integrale della chiacchierata, senza tagli, censure o traduzioni, per godervi Ghostface e Raekwon versione originale. E se il mood vi piace vi suggeriamo di sintonizzarvi anche il prossimo weekend per l’intervista a Tyler the Creator.
Foto di Giulia ‘Ghostdog’ Alloni, tutti i diritti riservati. Si ringraziano Propapromoz, Live Nation, City Sound Milano e Babylon (Rai Radio2) per la collaborazione nella realizzazione di questo articolo.