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Piero Dread: l’intervista

29-06-2013 Haile Anbessa

Piero Dread: l’intervista

Piero Dread è una vecchia conoscenza per tutti gli amanti del reggae nostrano e un vero e proprio veterano della scena che dai tempi dei Franziska fino a oggi ci ha fatto ballare con le sue chunes. Un artista Piero Dread che sta facendo molto bene anche in Europa ed è fresco anche il suo nuovo album solista Real Vibes. Vediamo cosa ci ha raccontato.

Haile Anbessa: ciao Piero ci troviamo questa sera alla presentazione del tuo nuovo album Real Vibes. Cominciamo quest’intervista parlandomene un po’…

Piero Dread: sono molto contento del prodotto che sono riuscito a tirare fuori quest’anno. Il disco ha avuto un paio d’anni di lavorazione a cui si sono aggiunti dei pezzi strada facendo dopo l’esperienza Franziska che è durata dieci anni e con cui abbiamo fatto tanto come band. Ho sentito come l’esigenza di mettere altra carne al fuoco e quindi assieme ad altri musicisti e vari producer sono riuscito a portare a termine questo disco.

H.A.: come è avvenuto il processo creativo di Real Vibes?

P.D.: le mie canzoni prendono vita nello stesso momento in cui mi vengono in mente perché le registro immediatamente con il cellulare non appena mi frullano in testa. È un sistema molto comodo che utilizzo spesso. Io ho anche la fortuna di avere uno studio di registrazione mio dove faccio anche altri lavori e quindi tra un disco e l’altro non mio ho trovato tempo anche per le mie tunes. Sono molto contento anche perché la maggior parte della produzione delle basi è farina del mio sacco. Ho suonato infatti molte linee di basso, così come le tastiere e le chitarre nonché ho composto i pezzi. Sono comunque presenti collaborazioni molto interessanti con realtà europee affermate come House of Riddim, i Oneness Records dalla Germania e altri produttori italiani sia in patria che all’estero.

H.A.: per quanto riguarda i featuring?

P.D.: io credo che i featuring debbano sempre essere fatti conoscendo l’artista. Io tutto i featuring che ho fatto nella mia carriera sono sempre nati in questo modo. In questo disco sono riuscito a coinvolgere Mojo dei Morgan Heritage. Quando ad esempio ho scritto la strofa dedicata a lui avevo in mente solo questo artista. Ci siamo quindi visti a un festival, avevo lo studio mobile già montato nel backstage e il tutto è nato quindi in maniera molto friendly. Lo stesso è accaduto con l’artista inglese Askala Selassie con cui ho realizzato un pezzo dedicato a tutti i deejay. C’è anche un pezzo all’interno del disco con Roddy Jah Son con cui ho collaborato per anni con i Franziska. Infine ho coinvolto anche Raphael degli Eazy Skankers che è un amico da molto tempo e lo ritengo molto bravo. È bastata una telefonata ed è nata la canzone.

H.A.: torniamo alle origini. Tu come hai iniziato? Come ti sei appassionato a questo genere?

P.D.: io più che cantante nasco come musicista. Ho un background da chitarrista in tutte le band in cui ho suonato. Come poi è successo a quasi tutti, quando ho sentito i primi dischi di Bob Marley e il mio livello d’inglese è migliorato negli anni ho ascoltato sempre più musica e ho cominciato a sviluppare le mie doti canore. Io amo da sempre il roots e con i Franziska infatti siamo passati da ritmi più ska e rocksteady al reggae delle origini. Abbiamo girato con la band numerosi festival in giro per l’Europa e abbiamo avuto modo di crescere molto. Nel 2009-2010 ci siamo fermati un attimo e quindi ho iniziato a sentire l’esigenza di raccogliere un po’ di tracce personali, arrangiarle e pubblicarle.

H.A.: cosa preferisci, l’essere un cantante solista adesso oppure le atmosfere da band del passato?

P.D.: sono due esperienze completamente diverse. L’atmosfera della band è composta da un mix di energie di quattro o cinque test pensanti e quindi è entusiasmante perché c’è grande sinergia. Con l’autoproduzione e comunque con il lavorare da soli invece si ha l’enorme vantaggio di potere lavorare fino allo sfinimento finchè non si ottiene quello che si ha in testa senza dover rendere conto a nessuno. Il lavoro in questo modo risulta quindi molto più personale. Sono quindi entrambi due percorsi molto entusiasmanti ognuno con dei lati positivi e negativi.

H.A.: nei Franziska militava anche Nina Zilli. Vi sentite ancora? Avete in mente delle collaborazioni?

P.D.: quando l’esperienza dei Franziska si è esaurita io ho suonato anche nella sua band come chitarrista facendo qualche data. Stessa cosa con gli Smoke. Questo perché considero gli artisti dell’area milanese come una vera e propria famiglia e per questo ci alterniamo molto e abbiamo modo di rinnovarci.

H.A.: questa estate sarai in tour per presentare il disco?

P.D.: certo farò un po’ di date in showcase con il deejay mentre altre con la band. Aprirò anche il concerto di Tarrus Riley l’8 luglio in provincia di Bergamo in collaborazione con Rising Hope Sound. Il calendario è comunque in continuo aggiornamento su www.pierodread.com così come sui miei social.

H.A.: da veterano come pensi che stia il reggae al giorno d’oggi?

P.D.: l’attenzione al reggae nel resto del mondo non è mai scesa anche perché all’estero si mastica molto di più l’inglese rispetto al nostro paese. in aggiunta a questo bisogna specificare che l’Italia non ha affatto una cultura black sviluppata come il resto d’Europa o gli Stati Uniti e perciò il reggae ne risente molto. Rispetto ai tempi dei Franziska anche io ho sentito una certa flessione nel mio contesto, con meno date o meno concerti mentre adesso è un periodo difficile in maniera oggettiva per tutti. Io personalmente sto puntando molto sulla scena europea che mi ha dato e mi sta dando parecchie soddisfazioni. In Europa si è infatti anche molto più aperti alle novità cosa che in Italia non accade più da tempo. Il mio disco infatti proprio per questo è tutto in inglese e per l’Italia è sempre comunque un’arma a doppio taglio. Io però preferisco cantare in inglese per arrivare sempre a più gente e le rime mi riescono in maniera più fluida comunque in inglese.

H.A.: con chi ti piacerebbe collaborare in un futuro prossimo?

P.D.: mi piacerebbe molto collaborare con David Hinds degli Steel Pulse che è sicuramente una delle band che ho ascoltato di più in assoluto. Il reggae inglese è quello che preferisco infatti anche di più di quello giamaicano perché più suonato e raffinato. Mi piacerebbe molto collaborare anche con i Morgan Heritage al completo così come con il giovane Romain Virgo che è un artista veramente impressionante dalla voce incredibile. Questi sono tutti artisti che stimo molto e che apprezzo parecchio dal lato umano. Anche il pezzo che ho realizzato con Anthony B su Precious, dedicato alla primavera araba, è nato in questo modo. Con Anthony B ci siamo incontrati in vari festival poi un paio di anni fa abbiamo sviluppato la conversazione lasciandogli la base e una volta lui ritornato a Miami siamo riusciti a finalizzare il tutto.

H.A.: grazie mille

P.D.: grazie a te e a tutti quelli che supportano questa musica dal messaggio unico.