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Intervista a Don Joe

09-05-2005 Slint, Darkeemo, Icon

Intervista a Don Joe
Tanta gente vive esclusivamente in funzione della realtà hip hop, penso che bisognerebbe cercare di andare oltre.

A pochi giorni dall’ uscita di Regular, album in coproduzione Italia/Stati Uniti, abbiamo incontrato DonJoe, la metà nostrana di questo interessante progetto.

Una chiacchierata con uno dei produttori più apprezzati del nostro panorama per approfondire i retroscena del disco e saggiare qualche indiscrezione sul futuro.

Slint, Darkeemo & Icon: Cominciamo dalla domanda di rito. E’ uscito da poco il tuo lavoro con Grand Agent, un disco “pionieristico”, sicuramente, visto che nessun produttore italiano era mai stato implicato in un progetto simile con un nome così rilevante della scena statunitense. Parlaci di come è nato questo lavoro, del suo iter produttivo, di cosa gli è girato intorno.

Don Joe: Dunque, io inizialmente l’avevo contattato via mail, l’occasione di incontrarci di persona è stato il suo live a Perugia; lui mi aveva chiesto di portarmi dietro dei beat, perché stava preparando il disco nuovo, aveva bisogno di alcune basi ed aperto ad un’ eventuale collaborazione con produttori europei. Abbiamo avuto modo di parlare in albergo, prima del concerto, lì ha sentito le mie cose e lo vedevo preso particolarmente bene. La roba gli è piaciuta, inizialmente mi aveva chiesto solo due beat ma ero già onorato di quell’interessamento. Poi c’è stato modo di rivedersi dopo lo show, che è stato fighissimo, e fare un degenero assurdo con lui e quel pazzo scatenato del suo manager . Tempo una quindicina di giorni mi scrive proprio il suo manager anticipandomi che G.A. mi avrebbe contattato per chiedermi delle informazioni riguardo i beat. Passa una settimana e mi arriva una sua mail in cui mi prospetta questo progetto: lui si sarebbe occupato della parte vocale e a me lasciava carta bianca per quanto riguardava l’aspetto produttivo. Ovviamente ho accettato subito e abbiamo scelto i beat per il disco. Ci siamo rivisti un’ altra volta per la firma del contratto; in generale il progetto si è sviluppato molto via internet e tramite mail. Lui registrava le acappella, me le mandava e io provvedevo alla parte musicale. Tra l’altro in quel periodo ho avuto dei problemi con lo studio, alcune cose sono state registrate in situazioni di emergenza, ma ad ogni modo sono soddisfatto del risultato finale.

S.,D. & I: Mi sembra, in quest’ultimo lavoro, che rispetto a Mi Fist il tuo suono sia molto più “pieno”, ad esempio lo avverto in maniera particolare sui bassi. E’ una scelta dovuta alle preferenze di Grand Agent o si tratta di un’evoluzione del tuo suono?

D.: Penso che si possa considerare come una vera e propria evoluzione: sto cercando di ottenere un effetto differente rispetto a prima, utilizzando macchine diverse, sfruttando meno roba ed evitando mille suoni all’interno delle basi, ad esempio riducendo il numero dei campioni, magari.

Tieni in considerazione che molti dei beat di Regular risalgono a 6-7 mesi fa, le basi nuove sono ulteriormente differenti, non hanno nulla a che fare, avrete modo di sentire sul nuovo disco del Dogo.

S.,D. & I: Il disco ha anche una distribuzione per l’ estero e gli States?

D.: Facendo gli scongiuri negli Stati Uniti dovrebbe licenziarlo la Fat Beats di New York; per l’Europa ci pensa invece Groove Attack per l’intero territorio continentale. Vibra si è data molto da fare, inviando questo disco a numerosi contatti, l’hanno spedito un po’ a tutti.

S.,D. & I: Una curiosità: durante la lavorazione del disco sapevi già che G.A. sarebbe stato impegnato nella realizzazione di un disco con Oh No?

D.: No, è stata una sorpresa e ne sono rimasto contento, perché per me Oh No è una sorta di mito; mi ha fatto molto piacere, tra l’altro i dischi sono usciti in contemporanea, e non so se avete fatto caso ma le foto del booklet sono identiche a quelle di Regular!

S.,D. & I: Ho notato che tranne che nel secondo remix di All Out le vostre strofe, intesi come Mi-Residenza AllStars, sono tutte piuttosto brevi a cosa è dovuto questo fatto?

D.: E’ stata una scelta obbligata, le misure che lui ha lasciato erano quelle e abbiamo dovuto rispettarle. Per questo Marracash e Vincenzo in Hustlebound hanno solo due otto a testa per esempio. All Out Rmx invece è nata su nostra iniziativa, gliel’abbiamo proposta, gli è piaciuta ed è finita sul disco. .

S.,D. & I: Non è la prima volta che sentiamo Ask cantare in un progetto, che ci puoi dire di lui? .

D.: E’ un ragazzo di Bologna davvero potente, una voce molto bella è comparso anche sul disco di Rischio e sarà ospite nel prossimo disco del Dogo; è anche produttore, ha un suo studio, sto aspettando di sentire delle robe sue.

S.,D. & I: Parlando di te oltre che di Regular, quando hai iniziato? .

D.: Ora ho 31 anni, ho iniziato a produrre a 17, puoi fare tu il calcolo, è passato un po’ di tempo!

All’ inizio era una cosa da ridere, a casa con due amici a provare, a farsi le cassette.E’ stato mio fratello a introdurmi in quest’ambito, lui faceva break-dance, sono stato “iniziato” da lui, diciamo.

Con Gué e Fame ci conosciamo da diverso tempo, abbiamo iniziato a collaborare ai tempi delle Sacre Scuole, ho curato l’editing 3mc’s al cubo. Da lì abbiamo iniziato a fare roba insieme ed è nato questo sodalizio. L’ idea del Club Dogo è maturata dopo la separazione da Dargen. .

S.,D. & I: Vi aspettavate questa esplosione? .

D.: Assolutamente no! Certo, sapevamo che i pezzi di Mi Fist erano potenti, ma non sapevamo là fuori come avrebbero potuto reagire. E’ nato come un disco per noi, in un momento in cui non c’era tantissima roba, le etichette non esistevano, è uscito in maniera abbastanza anonima, abbiamo dovuto fare tutto da noi: promozione, distribuzione, stampa, tutto. Poi ci è esploso in mano e da lì è nato tutto il resto. .

S.,D. & I: A livello italiano, oltre a Pmc e Thug Team, verso quali realtà sareste disposti ad aprirvi come Club Dogo? .

D.: Sicuramente con i CoSang, adesso stiamo stringendo i rapporti, dopo che li ho conosciuti allo scorso 2the beat, veramente simpatici e disponibili al massimo. .

S.,D. & I: Tu sei un artista che potremmo definire “poliedrico”stai lavorando con il Club Dogo, dunque producendo rap prettamente “underground” hai appena collaborato con Grand Agent, ricercando quindi un suono più americano, in passato invece hai anche prodotto artisti r’nb come Irene la Medica. Il tuo modo di produrre come è cambiato, come si è evoluto di volta in volta? .

D.: Io parto dal presupposto di fare un suono che sia il più personale possibile, poi ovviamente cerco di relazionare le mie esigenze con quelle dell’artista con cui collaboro. Ad esempio, Jake e Guè hanno determinate preferenze verso un certo tipo di beat, altri non li prendono neppure in considerazione, in quel caso quindi le scelte sono “forzate” verso una specifica direzione. Per quanto riguarda invece il lavoro che facevo con Irene si trattava di insistere moltissimo su sonorità soul, solo ed esclusivamente soul. In entrambi i casi, per quanto differenti, ho cercato comunque di mantenere una mia precisa identità musicale, tenendo in considerazione che l’importante è “fare la veste” all’artista, affinché sia il più soddisfatto possibile.

S.,D. & I: Per quanto riguarda The Italian Job, invece? Tu, Shablo e Shocca avete formato questo team di producers, come nasce quest’idea? E dopo il disco di Inoki quali saranno le prossime tappe di questo progetto? .

D.: The Italian Job è venuto così per caso, eravamo a Bologna io e Shablo ed è nata q
uest’idea, visto che entrambi apprezzavamo il suono dell’altro, ad entrambi piaceva molto lo stile di Shocca ed abbiamo pensato di includere anche lui. Adesso bisognerà concretizzare, visto che siamo abbastanza dispersi in giro. Sicuramente tutti e tre saremo impegnati nel prossimo disco del Dogo: oltre alle mie produzioni ci saranno un paio di beat di Shablo ed uno di Shocca; sarò io ad occuparmi di mixaggio e masterizzazione. In più siamo già al lavoro per la produzione delle basi di un progetto che vedrà noi tre alle macchine ed al microfono ospiti stranieri, tra cui credo sicuramente Lil’Dap, Steele degli Smif-N-Wessun, più diversi altri nomi per cui al momento non abbiamo l’ufficialità. Tuttavia non ci sono ancora date d’uscita certe, per cui preferisco non sbilanciarmi in merito..

S.,D. & I: Nel disco di Inoki ognuno di voi tre ha svolto il suo lavoro sicuramente bene, ma si nota comunque una certa mancanza di “omogeneità”a livello musicale.

D.: Per il disco di Fabiano non abbiamo lavorato come un vero e proprio team, e credo che ciò non accadrà neppure per il disco del Dogo visto che le cose sono già state fatte, abbiamo in mano sia i beat di Shablo che quello di Shocca. Il “vero” disco di The Italian Job sarà quello con gli artisti stranieri di cui vi parlavo prima: per questo lavoro la mia intenzione sarebbe modificare l’iter produttivo e suddividerci le diverse competenze; magari io potrei occuparmi della parte ritmica, Shocca delle bass-line e Shablo lavorare su campioni e arrangiamenti, dato che lui suona tantissimo, sicuramente più di me, e ha delle grosse conoscenze in merito.

S.,D. & I: Oltre a Premier, di cui si sente l’influenza in particolar modo in certi tagli dei campioni, quali sono i produttori, a livello statunitense, che apprezzi maggiormente?

D.: I riferimenti che mi rimangono tuttora appartengono a 7-8 anni fa, sicuramente per il trattamento dei campioni preferisco i tagli di Premier a quelli di altra gente. Non so, tipo Alchemist, pur piacendomi tantissimo, lascia il campione quasi intero, non fa un grosso lavoro di cut.

Altri nomi che mi piacciono sono Just Blaze, ad esempio, oppure uno come Scott Storch..a parte l’idea del beat vero e proprio mi piacciono per il suono, la potenza che gli conferiscono. Certo il lavorare in determinati studi aiuta molto, dà ai loro prodotti quella botta in più rispetto agli standard che possiamo raggiungere noi in Italia o in Francia. Anzi, in Francia sono ad un livello probabilmente superiore al nostro…

S.,D. & I: A livello di rap credi che sia ancora così grande la differenza tra l’Italia e le altre scene europee, o addirittura rispetto all’ambito statunitense?

D.: Ci sono tanti rapper italiani che, a livello soprattutto contenutistico, mangiano in testa a parecchi colleghi statunitensi, anche ad alcuni grossi calibri. Ci sono dei limiti tecnici, questo è vero, ma sono connaturati alla nostra lingua, probabilmente siamo meno predisposti verso un certo tipo di flow. Ma, ripeto, per quanto riguarda i contenuti in Italia c’è gente che non è seconda a nessuno.

Io per primo sono ormai 10/12 anni che lavoro in uno studio ed è un’esperienza fondamentale, perché non puoi avere un apprendimento completo smanettando da solo, hai anche bisogno di spiegazioni.

S.,D. & I: Uno di questi è sicuramente il tuo socio Guè Pequeno, da poco uscito con il suo ep. Cosa ne pensi del produttore di quel disco, di Deleterio?

D.: Io lo conosco da diversi anni, e pur producendo da tempo relativamente breve; saranno forse tre/quattro anni, sta raggiungendo ottimi risultati. Ha un gusto personale, tutto suo, e si rispecchia in pieno nel suo suono, che a me piace molto. E’ uscito tardi alla ribalta nonostante avesse già fatto altre robe in precedenza, probabilmente perché aveva bisogno di lavorare con un team di persone, nessuno può fare tutto da solo, questo è chiaro. Io per primo sono ormai 10/12 anni che lavoro in uno studio ed è un’esperienza fondamentale, perché non puoi avere un apprendimento completo smanettando da solo, hai anche bisogno di spiegazioni. Ora io e lui stiamo lavorando in combinazione, come è avvenuto per questo ep: io mi sono occupato di arrangiamento synth e affini, lui ha curato la ritmica, poi abbiamo fatto un mix insieme. Secondo me il risultato è davvero un bel lavoro, che suona particolare, anche a causa delle influenze di Deleterio che vanno bel oltre l’ambito hip hop: lui ascolta anche tanta elettronica, drum’n bass e simili, per farvi capire.

S.,D. & I: Tornando al discorso di prima, ultimamente stanno nascendo diverse collaborazioni tra Italia e Usa, penso a Chief e Afu-ra, Phil&Amir con Maylay Sparks; pensi che si possa arrivare al livello della Francia, ad esempio, per quanto riguarda le collaborazioni?

D.: Io lo spero veramente, qualcosa in merito si sta muovendo. Al momento sto collaborando con un gruppo francese che si chiama Babar, sono prodotti da Double H, l’etichetta di Cut Killer, per ora mi hanno commissionato un remix, spero che il discorso si evolva in un progetto più ampio, sarebbe già un primo modo per portare il suono italiano oltre confine!

S.,D. & I: Frequentando le diverse “scene” musicali italiane ci si rende conto di quanto, seppure sia in una fase di cambiamento, quella hip hop sia probabilmente la più immatura. E purtroppo non è solo un discorso di età dei fruitori del genere. Tu che ne pensi?

D.: Io ormai ho 30 anni e spesso non mi ritrovo in certi miei coetanei che vanno in giro dicendo cose prive di senso; mi sembra che si spinga l’hip hop a priori, al di là del suo effettivo valore artistico.

Tanta gente vive esclusivamente in funzione della realtà hip hop, penso che bisognerebbe cercare di andare oltre. E poi c’è il brutto vizio di parlare senza sapere, esporsi su argomenti di cui non si ha padronanza; se io non conosco determinate cose non vado in giro a parlarne, manca un background, in qualsiasi senso.

Oggi un beat può farlo chiunque, ma se non hai coscienza delle tue capacità difficilmente andrai lontano, spesso nei dischi che escono ultimamente di artistico non c’è nulla e la cosa paradossale è che ci siano più artisti che semplici ascoltatori.

S.,D. & I: Forse il rap viene avvertito come una cosa troppo “facile” visto che di fatto solo apparentemente sembra non richiedere la conoscenza di alcuno strumento, un po’ come il punk in Inghilterra subito dopo il ’77, tutti si sentono in diritto di provarci, quando invece penso siano necessarie determinate doti, musicali e non solo, di base. Cosa ne pensi?

D.: Sono sicuramente d’accordo, la cosa basilare è conoscere i tuoi limiti. Che poi nessuno ti vieta di avere una tua crescita, una tua evoluzione, in fin dei conti della tua vita puoi fare quel cazzo che ti pare e non sarò certo io ad impedirti di fare musica, però almeno abbi consapevolezza dei tuoi limiti. Se fai dischi devi sentire dischi, devi avere un metro di paragone, almeno.

S.,D. & I: Invece il tuo rapporto col microfono com’è, visto che ogni tanto ti diletti con qualche incursione?

D.: Adesso come adesso è quasi inesistente, per scelta mia; io nasco come produttore, non come mc, ho sempre fatto beat sin da quando avevo 17 anni. Ogni tanto scrivo delle cose ma sono un viaggio mio, semplicemente.

S.,D. & I: Parlando ancora di mc quali sono i tuoi rappers statunitensi preferiti?

D.: Ce ne sono tanti, anche tra i nuovi, in assoluto ora forse Nas, anche se il mio preferito era Biggie.

Mi piacciono molto anche quelli del Queens, soprattutto per l’attitudine.

Tra i nuovi invece direi Graph e Saigon.

S.,D. & I: Come vedi in generale la situazione delle etichette?

D.: Parlando per noi è assolutamente positiva. Con Vibra ci troviamo benissimo, sono disp
onibili e fanno sempre il loro lavoro nel modo migliore. Resto dell’idea che la via giusta sia ancora l’indipendenza: più etichette indipendenti ci sono meglio è; logicamente è necessario che siano supportati da una forte distribuzione.

Anche perché alle major a quanto pare non interessa un cazzo, le voci sull’interessamento a qualche artista fanno parte del gioco, poi non si concretizza mai nulla.

S.,D. & I: Parlaci anche del vostro rapporto con Area di Contagio.

D.: A parte il conoscerci da un sacco di tempo, Tave e gli altri sono dei ragazzi davvero in gamba, hanno voglia anche di fare robe nuove, cercare canali alternativi per la distribuzione.

S.,D. & I: Dozzine di produttori che stimano il tuo suono si chiederanno da che strumentazioni esce, ce ne vuoi parlare?

D.: Non per mia scelta, dopo che mi hanno zanzato un po’di roba nello studio ho dovuto ricomprarmi tutto e ho deciso di tenere poca roba, ho tenuto solo la Krog Triton che già avevo, e che per fortuna essendo piuttosto ingombrante non mi hanno portato via, e lavoro quasi esclusivamente con plug-in e banchi interni, si può dire che non uso strumentazione esterna, tranne la Triton con alcuni suoi suoni

S.,D. & I: Per concludere: quali saranno le prossime uscite targate Mi-Residenza?

D.: A breve uscirà un mixtape di Marracash e Vincenzo, un sacco di inediti, saranno una cifra di pezzi, comprese strofe su basi americane, con il featuring di noialtri. Successivamente uscirà un vero e proprio LP, sempre loro, hanno veramente tantissimo materiale già pronto ed è un peccato lasciarlo sull’hard disk. Riguardo al nuovo disco del Dogo, preparatevi. I testi sono delle cose che non ho mai sentito in vita mia, per adesso abbiamo completato solo 5/6 pezzi, sono cambiate molte cose rispetto al precedente lavoro. Io ho preparato una trentina di beat, ora sceglieremo, di certo non sarà un disco da 20 tracce. Per l’uscita, diciamo indicativamente ottobre, di sicuro entro fine anno: vogliamo avere il tempo di scegliere i pezzi più significativi, magari andando oltre il classico “bum-cha” io sto cercando di sperimentare tantissimo e non fossilizzarmi su un certo approccio. Vorremmo anche un paio di collaborazioni americane, per il momento non posso svelarne i nomi ma ci sono già contatti in piedi.Con questo disco vogliamo andare oltre.