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Intervista a Turi

20-11-2002 Azog

Intervista a Turi
Sono arrivato a un’età in cui non mi sento di dover rendere conto alla scena hip hop italiana, me ne frego di queste cose

Azog: Per iniziare dimmi che accoglienza ha avuto dal pubblico “Salviamo il Salvabile”.

Turi: Ha avuto un’ottima accoglienza; è piaciuto, anche se non è un tipo di disco che, per quando è uscito (un anno e mezzo fa), avesse ‘sto grande riscontro rispetto allo stile che andava di moda e che va di moda ancora adesso, sia da un punto di vista di suoni che di rime; perché, comunque sia, il disco l’ho fatto a gusto mio, non l’ho fatto con l’intento di venderlo, di fare il botto. In genere è piaciuto, ho ricevuto un sacco di complimenti da un sacco di gente, tant’è che il pezzo con quel ragazzo americano, Manifest, verrà stampato in America a febbraio.

A.: Questa era proprio la seconda domanda in scaletta: com’è nata la collaborazione con Manifest e che sviluppi avrà?

T.: Guarda, la collaborazione è nata semplicemente per via epistolare: lui è un ragazzo italo americano e mi ha contattato tramite una persona che conosco a New York, dicendomi che faceva rap, che doveva venire in Italia per un paio di mesi e che gli avevano fatto il mio nome per un’eventuale collaborazione. Io ero titubante, perché pensavo che magari avrebbe voluto soldi, e gli ho detto “guarda, io ti posso far fare pure dieci pezzi sul mio album, però purtroppo non siamo in America…”; e lui m’ha detto tranquillamente “non c’è problema, non ti preoccupare, per me funge da esperienza”. Anche perché m’aveva messo un po’ paura il tipo, perché comunque sia non è uno dell’ultima ora: lui ha vissuto a Los Angeles e ha collaborato con un sacco di gente del posto, tant’è che i suoi amici erano gente tipo Dilated Peoples, oppure il suo dj era il dj dei Jurassic 5, roba seria insomma; quindi mi sono un po’ impaurito per la storia. Eppoi nel ‘98 ha fatto un pezzo con Eminem, quando Eminem non era ancora nessuno. A parte il fatto che è una persona coscienziosa, non è il classico tipo americano che fa hip hop: è una persona seria, fra l’altro fa il maestro alle scuole elementari come Defari. Ci siamo incontrati a Milano, dove stavo registrando l’album da Vez; ci siamo visti spessissimo, siamo entrati in sintonia e gli ho fatto sentire quattro-cinque basi. Lui è rimasto meravigliato: si era aspettato di venire in Italia e di incontrarsi con gente che non aveva la minima cognizione. Insomma, gli ho fatto una buona impressione ed è nato questo pezzo: la prima strofa io l’avevo già scritta, invece abbiamo fatto il resto in studio, compreso il ritornello; e ti dico sinceramente che è uno dei pezzi che mi piace di più in tutto l’album. Il pezzo è piaciuto anche a lui, tant’è che sul suo prossimo album (che uscirà verso febbraio-marzo) apparirà la versione americana, e la cosa mi allieta. Il pezzo è già stato sentito a New York ed è piaciuto una cifra, tant’è che in molti si sono presi bene con ‘sta storia e vogliono fare collaborazioni e compagnia bella; una cosa abbastanza gratificante. Adesso vediamo in futuro come si sviluppano le cose… che almeno me ne vado in America e mando a fare in culo tutti ‘sti cretini!

A.: E così è nata anche la sua collaborazione sull’album di Esa?

T.: Sì, alla fine si sono conosciuti con Esa ed ha fatto una collaborazione pure sul suo album nuovo, ma parecchia altra gente era interessata a fare pezzi con lui: mi aveva detto per esempio che anche La Famiglia l’aveva contattato, poi non so cosa ne sia venuto fuori.

A.: Un’altra iniziativa che porti avanti è quella dei Mattacchiones. E’ vero che uscirà il secondo volume del tape?

T.: Mattacchiones è un progetto molto particolare (a parte che ha avuto un successo mostruoso nell’underground, tutti vogliono fare dei featuring con i Mattacchiones! Ne avevo stampate cinquecento copie e me ne rimangono cinquanta; di questi tempi un tape è grasso che cola, te l’assicuro); dicevo, è un progetto molto particolare perché riflette tutti i difetti e gli stereotipi del b-boy medio italiano, difetti che io ho visto in prima persona per anni; in modo ironico, io e il mio socio Ivan della vecchia cricca di Turi e Compari siamo riusciti a fare una cosa di questo tipo, molto ironica. C’è il pezzo “politico”, che prende in giro le persone fissate con il discorso della “musica come messaggio e basta”; c’è il pezzo “west coast”, sulle persone fissate con lo stare a Los Angeles; ci sono interludi vari in cui imitiamo i ragazzini di quattordici anni presi male; c’è lo stereotipo del b-boy virile, che quando si scontra con le donne deve farsi vedere virile, mentre in privato è un cucciolo; tutte queste cose qui, insomma, gli aspetti nascosti e chiusi del b-boy, che non direbbe mai in pubblico. L’abbiamo fatto in modo molto naturale, un giorno ci è venuta l’idea per un pezzo, quasi per scherzo, poi ne è venuto fuori un filone, che abbiamo raccolto in questo tape; adesso stiamo raccogliendo nuove idee per un secondo volume, ma senza forzarci: facciamo il pezzo cazzone su questo, il pezzo cazzone su quello..

A.: Quindi non c’è una scadenza precisa?

T.: No, perché deve venire naturale come è venuto il primo: altrimenti mi metto a fare i pezzi deficienti e diventa una cosa forzata.

A.: E per quanto riguarda altri progetti?

T.: Nell’arco di un mese, un mese e mezzo uscirà il secondo volume del mio mixtape, “Vatteli a Cercare”, che era piaciuto moltissimo. Conterrà anche alcuni miei pezzi inediti. Poi, come progetti ufficiali, non ho ancora iniziato un mio nuovo album solista, ma sto collaborando con un ragazzo delle mie parti, in pratica un mio allievo: si chiama Dj Impro, ha appena diciotto anni, lui produce; stiamo facendo una roba molto marcia io e lui, con l’intento di divertirci, quindi non so neanche se uscirà mai qualcosa. Quindi, come progetti hip hop ufficiali, direi che al momento non ce ne sono. Per quanto riguarda invece altri progetti, sto lavorando con un quartetto di musicisti in una roba molto strumentale, di break-beat, che in realtà non c’entra neanche molto con l’hip hop; mi sono messo alla prova io come produttore.

A.:: A proposito di artisti extra-hip hop, nel libro-intervista di Vincenzo Patanè Garsia, “Hip Hop: Sangue e Oro”, hai scritto: “il mio sogno sarebbe fare una base su cui volessero cantare Carmen Consoli o Elisa”. Ma se tu facessi una cosa di questo tipo, come reagirebbe il pubblico hip hop italiano, adesso come adesso?

T.: Mah, vedi, ho fatto questi due nomi per un discorso di evoluzione musicale, non certo monetario. Io mi sento attaccato sia alla cultura hip hop che alla cultura italiana, in questo senso cose come queste vanno viste in un’ottica “evolutiva”: per me vuol dire crescere, e una cosa del genere sarebbe anche gratificante. Ora, gente come gli Articolo 31 ha fatto un discorso di questo tipo, ma per loro (senza voler fare quello che critica) è stato un qualcosa di esclusivamente commerciale, e fra l’altro non incontra i miei gusti dal punto di vista del risultato che ne è venuto fuori. In America o in Francia questo discorso c’è, vedi per esempio Craig David che si è fatto produrre una base da Premiere, mentre in Italia no: siamo legati a determinati schemi di musica “italiana”, e non si riesce ad andare oltre. Se una Carmen Consoli vuole una ritmica hip hop, va da un arrangiatore, non viene certo da me. E questo, secondo me, non porta a un’evoluzione musicale, non vieni considerato. In ambito underground, mi ha fatto molto piacere ospitare nel mio disco Next One, che secondo me è il migliore in Italia che produca determinate cose; è stato un onore per me collaborare con lui, mi ha anche insegnato molto. Nonostante lui avesse trentatre anni e io ventisette, siamo entrati subito in sintonia; fra l’altro è un malato di dischi come me. Per tornare al discorso di prima, a me piacerebbe che cominciasse ad esserci, da parte di un determinato circolo musicale, una certa attenzione verso la musica hip hop italiana; attenzione che invece non c’è, e questo secondo me è un male, è una cosa triste: a parte il fatto che non porta soldi (e questo posso anche mettermelo via), non porta neanche un’evoluzione.

A.: Un progetto che forse poteva portare una certa evoluzione, secondo me, è Basley Click (a cui hai partecipato con due featuring), progetto che invece non ha avuto nessun tipo di apprezzamento da parte del pubblico. Per quali motivi, secondo te?

T.: Guarda, è un discorso complesso. A parte il fatto che non c’era un etichetta forte dietro, perché purtroppo il disco era autoprodotto, e questo ha comportato problemi di promozione, eccetera. Non saprei risponderti… a parer mio il disco di Basley Click è bellissimo, ci sono due-tre singoli stupendi, ma non mi sembra che nel globale abbia un gusto popolare, anzi: come suoni è avanti, perché Fritz ha fatto un lavoro ottimo. Quel disco non era fatto per entrare in determinati circoli “radiofonici”, e in questo forse è stato frainteso dal pubblico hip hop. Io non ho ancora capito cosa vogliono i ragazzi che seguono il rap in Italia oggi: tu li aiuti e ti tirano merda, fai l’hardcore e ti tirano merda, ti impegni per tirare su qualcosa e ti tirano merda, non fai un cazzo e ti tirano merda; io non lo so, è un interrogativo davvero gigantesco. Io comunque sono stato sempre disponibile, ho sempre cercato di aiutare le persone, però forse hanno le orecchie tappate, non lo so… sinceramente, quando certe persone mi davano dei consigli, li ho seguiti, e sono arrivato dove sono arrivato; magari non ho fatto i soldi, ma sono comunque soddisfatto della mia carriera musicale.

A.: Quindi non ti viene mai in mente di dire “pianto tutto”!?!

T.: Piantare tutto no, ma il discorso è che, se facessi un disco hip hop adesso, lo farei con un’altra ottica, quella del “fare musica”; cioè, sono arrivato a un’età in cui non mi sento di dover rendere conto alla scena hip hop italiana, me ne frego di queste cose; all’inizio ero molto più legato e cercavo comunque di soddisfare il gusto della mia “tribù”. Adesso di questo me ne frego, anche perché il pubblico è molto poco: ricordo quando andavo a suonare in giro nel ‘97-98, era incredibile, i posti si riempivano in un attimo, la gente comprava i cd… adesso mi sembra una cosa molto settaria, molto in piccolo. E poi, tra l’altro, ti dirò, mi sento abbastanza fuori moda, rispetto ai modi di fare dei ragazzi che hanno abbracciato adesso questa cultura; mi sento estraneo a meccanismi che una volta non c’erano, ma non per cattiveria: è come se fossi un vecchio di sessant’anni costretto ad ascoltare musica techno. Forse è un discorso di mentalità, non lo so.

A. Cambiando discorso: nelle tue canzoni a volte ricorre il tema della Calabria, della nostalgia per la tua regione, ma non ho notato accenni alle problematiche della tua terra (penso alla delinquenza, eccetera)…

T.: Ti dirò, quando scrivo lo faccio a istinto, devo avere una determinata ispirazione; mi viene un’idea al volo e mi metto a scrivere. Non mi sono mai messo a tavolino a fare un pezzo d’argomento, è questo il punto. Non è che voglio evitare il discorso, magari in futuro mi verrà di farlo e scriverò un pezzo sui problemi del Sud, ma ancora non mi viene, non riesco.

A.: Per concludere: tuoi pregi e difetti come mc, come producer e come persona (se non sono indiscreto…).

T.: Mamma mia, quando mi fai ‘ste robe io mi vergogno… mah, come mc, i pregi… credo di non stuccare la gente: la gente comunque non si rompe il cazzo quando canto, anche se sono “fuori moda”, come dico io; vedo che c’è un ritorno di gente, al di là di quei quattro rosiconi che rosicano da mattina a sera; dovunque vado vengo trattato da signore, godo di una certa “immunità”, e questa cosa mi gratifica, perché vuol dire che qualcosa ho costruito. Dal punto di vista tecnico, io non sono certo quello che ti fa le metriche moderne, che vanno di moda adesso; adesso i ragazzi hanno determinati miti, che ne so, Eminem, mentre i miei miti sono Diamond D, o Guru, che non hanno mai rappato “alla moderna”; oppure adesso vanno di moda, che ne so, i Company Flow, che a me piacciono ma non mi fanno impazzire, non riesco a ispirarmi a loro. Come difetto direi questa cosa qui, che non riesco ad entrare in questo tipo di metrica; i ragazzi di quindici-sedici anni che mi ascoltano fanno i paragoni con Eminem e magari gli viene male. Poi, ancora come pregio, direi che non sono mai pesante nei miei testi. E ti dirò la verità, un po’ vado in paranoia quando mi chiedi il perché non ho mai fatto pezzi “sul sociale”; non è facile fare cose di questo tipo, secondo me ci sono riusciti in pochissimi a farle: penso a Sanguemisto o al disco vecchio dei Colle, che suonava molto “scuro”, ma con argomentazioni comunque ottime. Invece, come produttore, hai voglia… però sono sulla buona strada, e non lo dico io, me lo dicono gli altri! Per esempio, Next One mi riempie sempre di complimenti, ma mi dice sempre che mi manca quel non so che per arrivare “oltre”. Tornando al discorso del “moderno”, io non digerisco determinati suoni; sono uno che campiona solo da vinili d’epoca e quindi ho quel suono marcio, non ho il suono pulito di adesso: questo come difetto, ma comunque le persone a cui piace il mio tipo di suono vanno pazze per le mie basi, mentre la gente che ascolta solo roba moderna non digerisce le mie robe stabili sui quattro quarti, senza grandi variazioni, però magari apprezza il groove. Come persona, nei pregi metterei che, come ha detto quel testa di cazzo su HipHopHotBoards, sono molto simpatico! E che sono un tipo molto democratico, uno che prima di perdere le staffe ce ne vuole; sono calmo e diplomatico, riesco a mettere pace in certe situazioni, non sono quello che alza le mani durante le risse, di solito riesco a gestire il tutto (a meno che non venga provocato in maniera incredibile!). Come difetto, non lo so, è difficile, io non c’ho mai pensato a queste robe qui… magari che sono un tipo impulsivo, me la prendo un po’ troppo quando vengono fuori certi discorsi, però mi passa subito…

L’intervista telefonica è stata trascritta nella maniera più fedele possibile, a partire da una registrazione; in alcuni punti si è dovuto intervenire leggermente nella forma, per non creare difficoltà di comprensione dovute al passaggio da un registro colloquiale a uno scritto. Si ringrazia Turi per la disponibilità.