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Due chiacchiere con Fred De Palma, alla scoperta del reggaeton italiano

04-06-2019 Marta Blumi Tripodi

Due chiacchiere con Fred De Palma, alla scoperta del reggaeton italiano

Quanti di voi, semplicemente leggendo la parola “reggaeton” nel titolo, si sono seriamente domandati se valeva la pena di cliccare su questo articolo? Tanti, immaginiamo. Eppure è un pregiudizio (tutto italiano) che sarebbe il caso di sfatare una volta per tutte. Innanzitutto, perché la galassia dell’urban latino è sterminata ed estremamente interessante: dalla cumbia alla latin trap, dai ritmi afrocubani ai rapeiros brasiliani, c’è sempre qualcosa di interessante e fresco da scoprire, soprattutto negli ultimi anni, in cui il fenomeno è esploso anche nel resto del mondo contaminandosi con le più svariate culture. Anche il reggaeton, ormai, non è più da tempo un unico blocco sempre uguale a se stesso: sarebbe come dire che il rap della golden age suona sempre uguale. Insomma, ci sarà ben un motivo se la maggior parte dei trend mondiali pescano a piene mani da queste sonorità, se Drake e Beyoncé si lanciano in esperimenti tropical, se il Milano Latin Festival 2019 ha una line-up che più urban non si può e via dicendo. Dimenticate per un attimo le vostre perplessità, mettete da parte i dubbi e seguiteci fino alla fine di queste poche righe. E soprattutto, provate a pensare cosa potrebbe succedere se, come è accaduto qualche anno fa con un sottogenere relativamente di nicchia come la trap, un domani dovesse nascere anche una scena reggaeton italiana. Il capostipite sarebbe sicuramente Fred De Palma, che dopo gli esordi da freestyler e il successo a Mtv Spit ha virato decisamente a sud, convertendosi a sonorità nate a Puerto Rico, più che a New York. Forse è l’unico vero artista reggaeton che abbiamo, e sicuramente l’unico a dedicarsi in esclusiva a questo sottogenere – a dire il vero condivide questo onere/onore anche con Elettra Lamborghini, che però non canta in italiano – e proprio ieri ha debuttato con un nuovo singolo, Una volta ancora, in compagnia di Ana Mena, cantante urban pop spagnola con cui aveva già lavorato nel 2018 per D’estate non vale, il cui video ha quasi 100 milioni di views. Ne abbiamo approfittato per incontrarli e farci spiegare meglio il perché non dovremmo sottovalutare l’ondata latina che sembra pronta a travolgerci. (Continua dopo il video)

Blumi: La percezione che ha la gente del reggaeton in Italia è molto diversa, rispetto a quella del resto del mondo. Innanzitutto perché è percepito come una musica “stagionale”…

Fred De Palma: Come sempre, l’Italia arriva sempre ad assimilare i trend mondiali con qualche anno di ritardo: è successo con il rap, è successo con la trap, è normale che succeda anche con il reggaeton. Personalmente lo faccio non per moda, ma per gusto personale: è il genere musicale con cui riempio le playlist che mi ascolto a casa o in macchina, e mi è venuto abbastanza naturale portarlo nella mia produzione. È vero, in questo momento qui viene considerato un tipo di sonorità legato solo all’estate o quasi, mentre nel resto del mondo lo stereotipo “pezzo reggaeton = pezzo estivo” non esiste proprio. Però, lentamente, qualcosa sta cambiando anche da noi: sono uscito con un singolo a novembre, Sincera, che nonostante le sonorità tropicali e latine ha avuto un buon successo, tanto che ormai a breve dovrebbe ricevere la certificazione di disco d’oro. Portare un sound del genere dalle nostre parti è una sfida, insomma, ma si può vincere.

B: Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile basare tutta la propria carriera su un solo sottogenere della musica urban: quando hai capito che il reggaeton era la tua strada?

F.D.P.: Come tutti sanno ho cominciato con il freestyle, anche se già poco dopo mi sono lanciato su sonorità più ibride, mantenendo sempre le punchline e le rime ad effetto, ma trovando un modo meno classico per inserirle. Quello che mi ha affascinato dell’universo reggaeton è stato la sua completezza: ha tutto, dalla melodia killer alle rime complesse, unite a un ritmo travolgente che ti aiuta molto ad arrivare a un pubblico più ampio. Ho capito che poteva essere non semplicemente la svolta per chiudere un pezzo, ma un modo per trovare davvero la mia strada.

B: Secondo te tra qualche anno ci sarà una scena reggaeton italiana, così come oggi c’è una scena trap italiana che fino a qualche anno fa non esisteva?

F.D.P.: In realtà al momento è un po’ imprevedibile. Nel rap italiano, ogni quattro/cinque anni, c’è una specie di rinnovo che porta una ventata di novità: non so se al prossimo giro toccherà al reggaeton o prenderà piede qualcos’altro, però posso dire che la lingua italiana, essendo una lingua latina, si presta molto a quel tipo di sonorità e quindi credo che tanti altri proveranno a fare esperimenti in questo senso, con il tempo. Anzi, secondo me molti – soprattutto quelli bravi, che hanno qualcosa da perdere – ora come ora hanno paura a provare a buttarsi in quest’ambito. Hanno paura che sia troppo rischioso, perché in un certo senso in Italia il reggaeton è percepito ancora a livello di un ballo di gruppo, praticamente.

B: In effetti…

F.D.P.: Ma le cose cambieranno. Intorno a me vedo e sento molti artisti che cominciano ad avvicinarsi al latin urban, anche perché lo ascoltano per i fatti loro e riconoscono che spacca. Sicuramente, più si diffonde anche all’estero, più comincerà ad essere riconosciuto anche qui. Detto questo, non so dirti se avremo mai una scena reggaeton; magari avremo semplicemente una serie di artisti che provano a fare reggaeton in italiano.

B: A proposito, hai rappresentato l’Italia ai Billboard Latin Awards, qualche settimana fa. Quali sono le reazioni delle superstar della musica urban latina, quando scoprono che c’è qualcuno che fa reggaeton in italiano?

F.D.P.: In realtà per loro non è stata una scoperta, lo sapevano già! (ride) Molti di loro hanno amici italiani che gli fanno sentire i pezzi che escono. Soprattutto quelli famosi, tipo D’estate non vale, che hanno quasi cento milioni di views su YouTube. È stata un’esperienza incredibile, comunque, perché tutti – sia gli addetti ai lavori che gli artisti – mi hanno fatto i complimenti per la mia roba, dicendomi che suona molto “real” e non farlocca. E per me era molto importante saperlo. (Continua dopo la foto)

B: Tornando al presente, tu e Ana Mena avevate già lavorato insieme l’anno scorso, ed era andata molto bene: come mai avete deciso di fare subito il bis?

Ana Mena: Non ci conosciamo da tantissimo, ma siamo subito andati molto d’accordo. Quando abbiamo visto che il nostro precedente singolo insieme era andato così bene, abbiamo capito che se la nostra chimica era così forte da essere trasmessa al pubblico in maniera così efficace, valeva la pena riprovarci quest’estate.

F.D.P.: Oltretutto avevamo già l’idea di tornare a lavorare insieme prima o poi, prima ancora che il pezzo diventasse un successo. Non a caso abbiamo intitolato questa nuova canzone Una volta ancora: più chiaro di così… (ridono entrambi, ndr)

B: Dobbiamo aspettarci una collaborazione a lungo termine, quindi?

F.D.P.: Chissà. Vedremo cosa ci riserverà il nostro futuro e il nostro destino. Ma abbiamo assolutamente piacere di collaborare e di passare del tempo insieme: al di là della musica, siamo ottimi amici.

B: Un’ultima domanda: se doveste consigliare a un totale neofita del reggaeton un disco, o un artista, con cui partire, chi sarebbe?

A.M.: Difficile. Ma forse Daddy Yankee, che è el boss, el papà del reggaeton!

F.D.P.: Sono d’accordo. Consiglierei i suoi primi lavori come Los Cangris, che era il duo che aveva con Nicky Jam. Sono perfetti per capire il genere.