Eviteremo di accodarci alla voce di chi festeggia la vittoria di un cantante di origini egiziane perché in aperta protesta all’attuale governo, per un semplice motivo: anche se qualunque cosa innervosisca Salvini e soci non può che farci piacere, per quanto ci (e lo) riguarda, Mahmood è italianissimo e milanesissimo. E chiunque si stupisca del fatto che lo sia, nel terzo millennio, ha un problema talmente grosso che non sarebbe certo questo articolo a risolverglielo. (Continua dopo la foto)
Parlando invece di musica, che è quello che ci interessa davvero, la serata di ieri è stata realmente epocale. Perché, paradossalmente, è più facile conquistare la classifica italiana che espugnare una roccaforte iper tradizionalista come Sanremo: un luogo dove prima d’ora era quasi impossibile che il rap e la musica urban trovassero spazio, men che meno ai piani alti della classifica. Finora, quasi tutti quelli che si erano presentati a Sanremo con un brano rap o con sonorità hip hop e R’n’B erano arrivati ultimi o quasi. Stavolta, la storia è andata in una direzione clamorosamente diversa.
Mahmood, ventiseienne nato a Milano da padre egiziano e madre sarda, che ha scritto ritornelli per Fabri Fibra e Gué Pequeno, che è prodotto da Charlie Charles e Dardust, che è salito sul palco accompagnato da Gué, che si ispira a Beyoncé, Travis Scott e Jasmine Sullivan, ha vinto Sanremo, dopo aver già vinto anche Sanremo Giovani e il relativo premio della critica. Fino a qualche giorno fa, anche in sala stampa e tra gli addetti ai lavori, era considerata un’eventualità praticamente impossibile, e questo nonostante la sua Soldi fosse considerata unanimemente, e a ragione, una delle canzoni più belle in gara: quasi nessuno, però, era pronto a scommettere che sarebbe arrivata anche solo tra le prime dieci posizioni. E invece ha vinto proprio grazie al peso determinante delle giurie di qualità e della sala stampa, conquistando la critica. La seconda posizione è andata a Ultimo, un altro artista urban – nonostante il pezzo che ha presentato al festival urban non lo fosse più di quel tanto – prodotto da Honiro, che ha trionfato nel televoto. Il Volo, trio di tenorini che per molti erano i vincitori annunciati, si è dovuto accontentare della medaglia di bronzo. (Continua dopo la foto)
E ancora: dei quattro premi “minori”, tre sono stati vinti da Daniele Silvestri e Rancore per la loro Argentovivo. Nello specifico, si sono portati a casa il premio della critica Mia Martini, il premio della sala stampa radio & tv e quello per il miglior testo. Un’altra notizia sconvolgente, perché quando mai ci si poteva aspettare che un contesto così conservatore potesse arrivare ad ammettere la superiorità di un pezzo pesantemente influenzato dal rap rispetto a tutto il resto? Ma non basta, perché quasi tutti coloro che si presentavano con un brano rap e urban (fatta eccezione per Livio Cori e Nino D’Angelo, ultimi, penalizzati un po’ dalla loro performance altalenante e del sound azzoppato dall’autotune negato) si sono piazzati più che dignitosamente in classifica. Daniele Silvestri e Rancore sono arrivati sesti. Achille Lauro nono, nonostante la vergognosa campagna di Striscia la Notizia, a cui i sia lui che i suoi fan hanno reagito benissimo, con grande compattezza ed ironia, seppellendo di pernacchie Staffelli e compagnia (non) cantante. Ghemon dodicesimo, e non era scontato, perché ha portato un brano difficilissimo in tutti i sensi. Shade e Briga diciottesimi e ventunesimi, ma comunque davanti a nomi molto più quotati dai bookmaker come Nek, Anna Tatangelo, Einar.
Con questo Sanremo 2019 abbiamo assistito a un vero e proprio miracolo, ma la cosa migliore è che non è un miracolo irripetibile. Qualcosa è cambiato davvero, finalmente, e sappiamo con certezza che d’ora in avanti è possibile presentarsi sul palco dell’Ariston portando se stessi e la propria musica senza compromessi, anche quando quella musica deriva direttamente dall’hip hop, il genere incompreso tra gli incompresi. Attenzione, però, perché superpoteri comportano super responsabilità: ora che ci siamo conquistati anche il Tempio della Canzone Italiana, speriamo che la qualità delle proposte non si abbassi mai.