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Abbattuto l’ultimo soffitto di cristallo: l’hip hop italiano fa sold out nei palazzetti

24-10-2018 Marta Blumi Tripodi

Abbattuto l’ultimo soffitto di cristallo: l’hip hop italiano fa sold out nei palazzetti

A onor del vero, il primo a sbancare un palazzetto dello sport in questo florido decennio per il rap italiano era stato Coez, il 4 febbraio del 2018, con il suo storico doppio sold out al Palalottomatica di Roma. La buona notizia è che a quanto pare non sarà né l’unico, né (si spera) un caso isolato. E’ di ieri l’annuncio che Salmo ha fatto il tutto esaurito, con due mesi di anticipo rispetto alla data del Forum di Assago, e che anche i biglietti per Roma stanno esaurendo molto in fretta; il prossimo a riuscire nell’impresa potrebbe essere Gué Pequeno, con la sua data unica al Forum. Ghali ancora non c’è riuscito, ma solo perché la posta nel suo caso è ancora più alta: il suo tour, partito settimana scorsa da Mantova, è organizzato interamente nei palazzetti, per ben dodici date. E naturalmente anche l’asso pigliatutto Sfera Ebbasta è partito all’assalto dei palasport, con tre date già annunciate per il 2019. Storia a parte quella di Fedez e J-Ax, i primi rapper a riempire uno stadio intero l’estate scorsa: loro vincevano facile, grazie a una platea molto più allargata e spesso costituita da intere famiglie con bambini, ma comunque è stato un evento senza precedenti. (Continua dopo la foto)

Insomma, cinque dei top player del rap italiano sono riusciti per la prima volta a conquistare una roccaforte che finora sembrava del tutto inaccessibile. Si parla di farcela in tempi recenti e con una fanbase che ascolta prevalentemente rap, ovviamente, perché i vari Sottotono e Articolo 31 negli anni ’90 i palazzetti li riempivano eccome, anche se grazie al pubblico del pop, ma comunque è una notizia clamorosa e, anche se per molti potrebbe sembrare una logica conseguenza del successo del rap degli ultimi anni, non era affatto scontato. Innanzitutto, perché non è affatto scontato che un artista che funziona in classifica funzioni anche dal vivo, quantomeno sui grandi numeri. A maggior ragione ora che in classifica ci si finisce grazie lo streaming, ma era così anche prima: basta fare un facile confronto tra Salmo e Ligabue, che nel 2016 sulla carta ebbero solo un disco di platino di differenza (due per Hellvisback di Salmo, tre per Made in Italy di Ligabue), ma tra cui in termini di live la distanza restava incolmabile (molte date nei club o nei festival estivi per l’Hellvisback Tour tra 2016 e 2017, più di cinquanta date nei palazzetti per il Made in Italy Tour nel solo 2017). Secondariamente, perché tenere il palco di un palazzetto per un rapper è molto più complicato che per una band: è una questione di acustica (un posto costruito per le partite di basket difficilmente suona bene, figuriamoci se c’è solo una voce su una base), di impatto visivo, ma anche di fiato e di fisico (leggenda narra che Jovanotti, che pure non è propriamente un rapper ma deve comunque gestirsi il palco praticamente da solo con brani serratissimi e molto parlati, dietro le quinte tenga a portata di mano una bombola di ossigeno: un motivo c’è). E poi, c’è il problema del budget: lo staff tecnico necessario a gestire una data del genere è di almeno una ventina di persone, l’allestimento del palco e l’impianto sono molto più costosi, il prezzo del biglietto deve necessariamente alzarsi, eccetera eccetera eccetera. Il rischio che le spese superino gli introiti è alto. E’ una scommessa che, fino a pochi mesi fa, quasi nessuno avrebbe provato a prendersi sulle spalle: finalmente, però, qualcosa è cambiato.

Ed è proprio per questo che, anche qualora non foste fan degli artisti in questione, dovremmo festeggiarlo come un segnale davvero positivo, per tutti: artisti underground, promoter, semplici fan. E’ la dimostrazione che i rapper, anche in concerto, hanno pari dignità dei cantanti pop e di musica leggera. D’ora in avanti, sarà (dovrebbe) essere più facile anche per chi fa molti meno spettatori organizzare un tour professionale e degno di questo nome. I promoter specializzati nel rap non verranno più visti come realtà di serie B che orbitano in circuiti di serie B. E gli artisti stranieri, quelli che sistematicamente snobbavano l’Italia quando si trattava di organizzare il loro tour europeo, cominceranno a capire che c’è mercato anche qui. Se tutto va bene sarà una grande stagione, per la musica rap dal vivo.