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Yutzaredafuture: l’intervista

12-02-2018 Haile Anbessa

Yutzaredafuture: l’intervista

Yutzaredafuture nasce nell’estate del 2015 da Big Up Events, giovane realtà che si occupava di organizzazione di eventi e management proveniente dal litorale orientale veneto, creata per accrescere le potenzialità delle giovani reggae band del nord-est sentendo il bisogno di portare una ventata fresca all’interno della scena italiana. Abbiamo intervistato Marcone per raccontarci qualcosa di più di questo progetto.

Haile Anbessa: come è nato il progetto? Marcone: è un progetto artistico-musicale nato nell’estate del 2015 dal Big Up Events, giovane organizzazione eventi e management proveniente dal litorale orientale veneto , creato per accrescere le potenzialità di giovani reggae band del Nord-Est Italia

H.A.: parlatemi di Yutzriddim. M.: uno degli aspetti più caratterizzanti e affascinanti della musica reggae è indubbiamente la cultura del riddim. Molti artisti, molti brani, sopra la stessa base strumentale.
Chi non è pratico di musica giamaicana vede in tutto questo una sorta di scopiazzatura e probabilmente una ridondanza nell’offerta musicale.
La verità, almeno secondo chi ama la musica reggae, è che questo approccio ha molti aspetti positivi, primo fra tutti la possibilità di avere molteplici prospettive artistiche accomunate dallo stesso punto di osservazione.
Proprio per questo motivo, #Yutzaredafuture ha scelto un riddim album come prima release, anziché optare per una compilation di canzoni delle band e artisti con cui lavora.
Il riddim in questione è stato prodotto dai Rusty Rockerz allo Shiintu Studio. È nato praticamente per sbaglio, in un momento di noia. Non avevamo deciso bene quando produrlo, ma non appena sono state registrate le note del tema principale abbiamo capito che avremmo dovuto realizzarlo in tempi brevi e senza modifiche.

H.A.: quali sono i nomi coinvolti? M.: gli artisti coinvolti, oltre ai Rusty Rockerz, sono Shak Manaly (Muiravale Freetown), Pidduck, Luke Ae (GroovANation), come presenza femminile Systalova e poi abbiamo avuto la fortuna di avere Staddaday e Legato dalla Giamaica, madre terra di questa musica!

H.A.: come è nato il contatto con il duo Kaliink? M.: il duo Kaliink in realtà… siamo noi. Ci siamo trovati insieme per gioco davanti ad un mixer lunghissimo, pieno di canali e abbiamo pensato di fare la versione dub del riddim e cosi è nata… se dobbiamo esser precisi l’abbiamo chiamato duo perché l’influenza maggiore l’hanno data Elia Turchetto e Andrea Meneghello , rispettivamente basso e chitarra dei Rusty Rockerz.

H.A.: è difficile oggi portare il reggae in Italia? Quali sono gli ostacoli? M.: “Si nota così tanto che il Reggae non va ora come ora?“. Se devo essere sincero ultimamente penso che sì, è molto difficile!
Innanzitutto non si sente nelle radio principali e regionali italiane a confronto di altri generi musicali. Secondo è un genere di rivolta ma qua in Italia siamo cosi chiusi mentalmente che si pensa reggae = canne = brutta gente! Siamo etichettati male invece ci sono moltissime cose buone. Terza cosa è il pubblico, brutto da dire ma è la verità. Le novità non vengono ascoltate molto e rimaniamo fissi sugli artisti che hanno ancora hype dagli anni ’90 e magari non producono da mesi/anni .
I locali, giustamente, non si espongono molto quando hanno la possibilità con altri generi o feste di aver la sicurezza che l’evento vada bene.
Poi nel momento in cui c’è il concerto/concertino o anche solo la festa nel bar, il pubblico reggae bisognerebbe andarlo a prendere a casa, magari con un pò di “weed”, regalargli l’entrata (e non sanno i veri costi che ci sono dietro) e poi riportarli a casa. Io questa cosa la penso ogni giorno perché la noto e ne parlo anche con altri che mi confermano tutto ciò!

H.A.: perché il reggae da noi non gode di buona salute come nel resto d’Europa e gli artisti oramai quasi non passano più da noi in tour? M.: Non è proprio il momento perché siamo oppressi da questo flusso reggae-ton che non è altro che una sfumatura del reggae. Solo in Italia abbiamo le classifiche piene di questo genere, se guardi fuori da qui trovi una o due tune in classifica, infatti lì il reggae gira molto bene, vedi i molteplici tour di molti artisti/band reggae giamaicani anche sconosciuti. Qui in Italia, ripeto, siamo fermi agli artisti, italiani e non, che hanno ancora “hype” ma perché se lo trascinano dagli ottimi risultati che hanno fatto negli anni ’90 e prima, quando il genere abbondava. Ora portare artisti internazionali come Shenseea, Jesse Royal, Biga Ranx vuol dire far “buco”, cioè perdita di soldi e sono artisti che producono singoli e album di continuo.
Poi ci sono i big che hanno cachet altissimi dove solo i grossi organizzatori possono permetterseli ma inserendoli in big festival conosciuti perché se li proponi in altri contesti torniamo al discorso di prima, non viene nessuno!
E questo fa molto male perché noi che ci lavoriamo, tanti artisti vorremmo vederli ma qui in Italia sono sicuro che aspetteremo, anche se la speranza è sempre l’ultima a morire e arriverà il nostro momento perché di fondo c’è una grandissima spinta e brava gente che ci lavora.

H.A.: quali sono i nomi su cui puntare in Italia e all’estero? M.: partiamo dal presupposto che il progetto Yutz ha un sottotitolo che dice “il futuro del reggae nelle mani dei giovani”, perciò il mio orientamento è verso gli artisti/band giovani.
In Italia i nomi su cui puntare oltre ai Mellow Mood (ormai consolidati a livello internazionale), sono i singer Attila, Virtus, Raphael e Lion D. Già affermati a livello nazionale ci sono band come Patois Brothers, Earth Beat Movement e Forelock con la sua Arawak Band.
Tra i giovani ed emergenti con molte potenzialità ci sono i “miei” Rusty Rockerz (scusate se sono di parte, ma al momento cosi strettamente dancehall non c’è nessuna in Italia), The Young Tree e Groov a Nation.
Per l’estero io ascolto principalmente il Reggae Revival capitanato da Protoje e Chronixx, Jesse Royal e Kabaka Pyramid, Jah9, Sevana , Shenseea, Dre Island.
Si sta sviluppando ed ingrandendo a macchia d’olio la cultura dei sound system, e in Italia siamo equipaggiati molto bene. Da non sottovalutare anche questa nuova influenza Future Dancehall.

H.A.: novità per il futuro? M.: allora la novità più grossa è che in questo mese di febbraio esce il nuovo EP dei Rusty Rockerz. Si chiama “To di Dancehall Room” ed è stato seguito e prodotto da Paolo Baldini at Alambic Conspiracy.
Un EP composto da intro + 5 tracce + 1 dub version firmata dallo stesso Paolo. Non sentirete parlare di Jah Love ma soprattutto di cose semplici e quotidiane, di sogni strani e determinazione.
Riguardo il riddim invece realizzeremo altri video grafici delle canzoni rimanenti Trovate ora su Youtube la versione di Shak manaly e Staddaday.
Stiamo anche lavorando al nostro sito: www.bigupevents.it.
Speriamo di vederci in giro per l’Italia e continuate a supportare il reggae che c’è molto da dare e noi operatori del settore ne siamo consapevoli lavorando con impegno e costanza!