HOTMC

Blackalicious: l’intervista

18-11-2015 Marta Blumi Tripodi

Blackalicious: l’intervista

Chiunque ami il rap di un certo spessore (a tutti i livelli: per contenuti, sonorità, tecnica, impatto lirico, metrica e flow) non può che avere tra i suoi punti di riferimento i Blackalicious. Il talento di Gift of Gab e Chief Xcel, che rappresentano quella California in grado di prendere il meglio della east coast e della west e di trasformarlo in qualcosa di unico e spettacolare, è ancora più prezioso in quanto non lo sfoggiano molto di frequente: pur essendo in attività dalla metà degli anni ’90, infatti, come duo hanno registrato soltanto quattro album. Anzi, fino a pochi mesi fa erano addirittura tre, perché dopo The Craft del 2005 si sono messi in pausa a tempo indefinito. Una pausa che in molti hanno scambiato per una rottura irreversibile, ma l’autunno 2015 ha portato una bella sorpresa: il loro nuovo disco, Imani vol. 1, che è il primo capitolo di una trilogia che promette di non deludere assolutamente le aspettative dei loro fan. E possibilmente di convertire molti altri giovani ascoltatori, perché a dispetto dell’età e della storicità del gruppo si tratta di un disco assolutamente attuale, e non del tipico polpettone nostalgico e deludente che spesso ci propinano le ex superstar della golden age. Quando li raggiungiamo al telefono sono a Londra per le prime date del loro tour e il loro umore è decisamente ottimo.

Blumi: Dieci anni sono una pausa molto lunga tra un album e l’altro: cos’è successo?

Gift of Gab: Diciamo che non siamo mai stati artisti molto prolifici, ma in ogni caso restiamo delle persone dalla forte creatività. Non ci siamo mai allontanati davvero, non c’è stata una rottura, ma a un certo punto volevamo provare a fare cose diverse: io ho fatto un paio di dischi solisti, Chief Xcel ha prodotto per altri ed è andato in tour come dj. Nel 2012, poi, abbiamo ricominciato a sentire il bisogno di fare cose insieme e da lì, in maniera molto naturale, abbiamo cominciato a mettere in cantiere quest’album.

Chief Xcel: Abbiamo sempre avuto l’abitudine di prenderci delle lunghe pause, comunque: lo troviamo salutare, anche perché abbiamo sempre molti progetti in ballo. Ci terrei a dire che è stata una pausa dalle registrazioni, però: non è che ci siamo mai fermati davvero, neanche come Blackalicious.

B: In effetti è vero che vi siete sempre presi il vostro tempo per fare musica: il vostro primo album Nia è uscito nel ’99, cinque anni dopo il vostro primo singolo…

G.O.G.: Sicuramente è così. Ci piace mettere molta carne al fuoco nel lavoro che facciamo, e per fare questo ci vuole tempo.

B: Cosa è cambiato per i Blackalicious in questi ultimi dieci anni, e cosa invece è rimasto uguale?

G.O.G.: A livello di vibrazioni, nulla è cambiato. La formula è rimasta sempre quella: una grande attenzione per il flow, una grande musicalità, una grande alchimia tra i due componenti. Semplicemente, abbiamo dieci anni di più alle spalle.

C.X.: Esatto, l’alchimia è sempre la stessa: insieme lavoriamo sodo, ma lo facciamo quasi senza sforzo. A livello di sound sicuramente ci sono delle differenze, c’è voluta una grande concentrazione e precisione per dare la veste musicale che volevamo al progetto. In ogni caso, il tempo che scorre ti fa evolvere molto naturalmente. È una cosa per cui non ti puoi allenare e che non ti possono insegnare: devi semplicemente vivere la tua vita, per trovare gli stimoli a fare un buon disco.

B: Restando in tema, il sound di quest’album è un ottimo compromesso tra i classici dell’hip hop e la freschezza delle produzioni di adesso…

C.X.: Abbiamo cercato di stare attenti ai fondamentali. Ci siamo ispirati soprattutto alle radici della musica africana e nera, ma cercando sempre di procedere in avanti anziché tornare indietro, tenendo d’occhio tutti i progressi che quel tipo di sonorità ha fatto negli anni. Come dicevo, abbiamo lavorato molto sodo.

B: Quando gli artisti della west coast lavorano con suoni che tradizionalmente non siamo abituati ad associare alla west coast (vedi voi, i Dilated Peoples, i Jurassic 5, i People Under the Stairs) i risultati sono sempre molto interessanti. Qual è il segreto?

C.X.: La diversità musicale, culturale, artistica che si respira in quelle zone. Questo, a lungo andare, crea qualcosa di unico.

B: Imani è il primo volume di una trilogia, come mai vi siete imbarcati in un progetto così a lungo termine?

G.O.G.: Proprio perché ci siamo presi una pausa così lunga, e proprio perché avevamo bisogno di dare sfogo a tutta la creatività che abbiamo tenuto per noi in quel periodo. Ci sembrava giusto dare ai nostri fan qualcosa che valesse l’attesa. In ogni caso non ci sarà da aspettare molto per gli altri due capitoli: Imani vol. 2 uscirà l’anno prossimo, mentre il volume 3 dovrebbe essere fuori nel 2017.

B: Il titolo dell’album significa “fede” in swahili…

G.O.G.: Anche il titolo del nostro primo album era una parola swahili: Nia significa “proposito”. Volevamo mantenere questa tradizione. A parte questo, però, la maggior parte dei miei album parlano della mia vita personale, delle esperienze che sto vivendo in un determinato momento. Fede è una parola molto appropriata per descrivere il periodo attuale per me: spiega esattamente dove sono e dove sto cercando di andare.

C.X.: Direi che Imani è una specie di cugino molto stretto di Nia: i titoli in swahili sono l’aspetto più evidente, ma ci sono molte altre similitudini da scoprire all’interno dell’album.

B: Uno dei primi pezzi presenti nella tracklist è Blacka, che è una bellissima dichiarazione di orgoglio e appartenenza. In questo periodo storico sono uscite parecchie canzoni del genere, anche in risposta alle violenze della polizia nei confronti dei cittadini afroamericani. Anche la vostra è da intendere in quel modo?

G.O.G.: No, più che altro è una celebrazione dell’orgoglio nero, racconta cosa significa essere un uomo di discendenza africana: non è una canzone di denuncia, è una canzone di gioia.

B: Gift, un altro brano molto riuscito è Inspired by who, dedicata agli mc che sono stati la tua fonte di ispirazione nell’hip hop: non li nomini mai direttamente, però. Chi sono quelli che ti hanno spinto a diventare il rapper che sei?

G.O.G.: Un sacco di persone: diciamo che se avessi dovuto nominarli tutti, la canzone sarebbe durata due giorni anziché tre minuti! (ride) La prima strofa, comunque, in generale parla dei Gangstarr, la seconda di Bob Marley, la terza invece è dedicata ai nostri fan. Volevamo ringraziare alcune delle persone che ci hanno ispirato a diventare quello che siamo, e che ogni giorno ci spingono a fare meglio.

B: A proposito di fan, sei noto per essere uno degli mc più complessi e tecnicamente articolati di sempre, tanto che spesso ci vuole una mano divina per capire tutti i riferimenti presenti nelle tue liriche. Ti capita mai di andare su Genius.com per vedere l’interpretazione che la gente dà dei tuoi testi?

G.O.G.: No! Una volta lo facevo, ora non più: la gente cambiava il senso di quello che dicevo, oppure si ostinavano troppo su questo o quel punto… A dire il vero non lo trovo poi così importante, io so che cosa volevo dire quando scrivevo questa o quella barra e questo basta e avanza. Non mi piace granché che ci si fissi troppo su queste cose.

B: Molte vostre canzoni sono considerate classici che chi vuole imparare a fare rap in un certo modo dovrebbe studiare con attenzione: tra tutte quelle che avete registrato finora, ce n’è una che considerate il vostro capolavoro assoluto?

G.O.G.: Ogni canzone per me è preziosa perché rappresenta un momento della mia vita, e nel momento in cui la scrivo è sempre la mia preferita: non riuscirei a sceglierne una sola, impossibile rispondere a questa domanda.

C.X.: Sono d’accordo: nessuno dei nostri dischi sarebbe lo stesso se non includesse anche solo una delle canzoni della tracklist.

B: Gift, curiosità: l’anno scorso la tua popolarità come rapper è esplosa anche al di là dei fan dell’hip hop quando Daniel Radcliffe, meglio noto come l’Harry Potter cinematografico, ha rappato perfettamente la tua Alphabet Aerobics nel Jimmy Fallon Show. Cos’hai pensato quando l’hai visto?

G.O.G.: L’ho adorato! Penso che Daniel abbia fatto un ottimo lavoro, ed è stata una cosa fantastica anche per noi: su YouTube quel video ha avuto 48 milioni di views, quindi è stata una grande pubblicità per i Blackalicious. Shouts out per Daniel Radcliffe, quindi! (ride)