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Quattro chiacchiere con Clementino: miracoli in progress

07-05-2015 Marta Blumi Tripodi

Quattro chiacchiere con Clementino: miracoli in progress

Dicesi “round table” un incontro organizzato da una casa discografica, generalmente major, in cui vengono convocati un tot di giornalisti insieme, generalmente dai 5 ai 50, li si mette a sedere attorno a un tavolo con l’artista del momento e ciascuno è libero di fargli domande, che però poi verranno riutilizzate da tutti gli altri. Ivi compresi quelli che all’incontro sono arrivati senza neanche avere ascoltato il disco, né avere un’idea precisa di chi sia la persona che hanno davanti. Il risultato di solito viene trascritto sotto forma di intervista, ed è per questo che spesso e volentieri nello stesso giorno escono decine di interviste uguali allo stesso malcapitato. Insomma, non è proprio il nostro metodo preferito per sviscerare un argomento o conoscere un personaggio, ma piutost che nient l’è mej piutost, come dicono a Milano.

Alla round table di Clementino il numero di giornalisti presenti è più vicino a 50 che a 5, quasi tutti abbondantemente sopra i 40 anni, quasi tutti evidentemente non abituati al rap (memorabile la domanda di un collega che chiede a Clementino se il secondo volume dell’album, quello intitolato Miracolo Jam! perché contiene un gran numero di mc che si passano il microfono come in una jam, sia stato registrato come una jam session di jazz, improvvisando). Un altro rapper al posto suo sarebbe scappato urlando, ma Clementino, tra tutti i rapper italiani, è senz’altro il più preparato ad affrontare una situazione del genere: da vero attore – già, perché prima ancora di fare il rapper è stato un attore, così come i suoi genitori – tira fuori tutta la sua faccia tosta e intrattiene il pubblico, fa battute, si mostra a tratti timido e a tratti spavaldo, svicola educatamente le domande meno intelligenti, porta il discorso là dove vuole che il discorso vada a parare, e alla fine riesce a conquistare i presenti. E anche questa è una capacità fondamentale, in questo 2015 in cui l’hip hop va fortissimo eppure i media non hanno ancora capito cos’è, né sanno distinguere tra chi vale e chi no.

L’album di Clementino, come dicevamo, è diviso in due cd: Miracolo Jam!, che contiene una serie di brani collaborativi con la crème della scena rap italiana, e Miracolo!, l’album vero e proprio, che invece ha un’impronta più pop e accessibile al pubblico generalista. “Non sono d’accordo” ci dice lui quando lo incontriamo di nuovo qualche giorno più tardi, per un’intervista faccia a faccia. “Non ho diviso il pop dall’hip hop: semplicemente, nel primo cd ci sono i miei brani da solista (o quelli con ospiti cantanti) e nel secondo le collaborazioni con i rapper. Nell’ultimo periodo ho ascoltato molto reggae, ma anche Manu Chau e Snoop Dogg e logicamente la cosa mi ha influenzato: canto nei ritornelli, ma sia chiaro che io nasco come rapper e resto un rapper”.

L’influenza del reggae, a dire il vero, si sente molto meno rispetto a quella partenopea, che è un po’ il filo conduttore di Miracolo: è un disco che sa di Mediterraneo, con molti suoni caldi e delle melodie azzeccatissime senza però essere banali (la produzione artistica è affidata all’ottimo Shablo, non a caso). Le atmosfere sono a tratti un po’ nostalgiche, cosa anche abbastanza comprensibile, considerando che ormai Clementino a Napoli non ci vive più. “Ho lasciato la Campania due anni fa e l’ho fatto per lavoro, perché Milano è la capitale della musica. Comunque, mi ci sento un po’ a casa: qui ci sono milioni di napoletani emigrati e io continuo a parlare a nome di tutti quei ragazzi che, come me, lasciano la loro città per lavorare lontani. Vivendo qui ho un’altra prospettiva, che mi distingue da chi invece è rimasto. In qualche modo mi arricchisce”. Insomma, è e resta un rapper, e è e resta napoletano, come dimostra anche l’orgoglio e la sensibilità con cui ha trattato la questione Pino Daniele, che per uno scherzo del destino ha registrato proprio con lui l’ultima sua traccia prima di morire. La canzone in questione, dal titolo Da che parte stai?, è stata inserita nell’album ma non come primo singolo: quasi tutti, al posto suo, avrebbero sfruttato la cosa a proprio vantaggio per farsi pubblicità, lui invece ha preferito tenere un profilo basso. “La collaborazione con lui è l’orgoglio della mia vita, ma non mi sembrava giusto utilizzarla come primo singolo a pochi mesi dalla sua scomparsa. Lui lo avrebbe voluto, invece: aveva già scritto perfino la sceneggiatura del videoclip, ambientato nel deserto. Ci siamo conosciuti tre anni fa durante la consegna di un premio che avevo vinto per la mia O vient; qualche tempo dopo mi ha invitato a suonare con lui durante un suo concerto a Napoli. Ricordo che sono entrato a salutarlo in camerino e lui stava suonando la mia canzone: sono rimasto a bocca aperta! È nata una bella amicizia. Pensava che i rapper partenopei fossero i veri eredi del suo neapolitan sound. Lo onorerò andando avanti con le mie gambe, senza sfruttare troppo questa sua stima che aveva nei miei confronti”.

Il testo di Da che parte stai?, ci racconta Clementino, è stato scritto durante la sua permanenza nel sud-est asiatico per il reality Pechino Express, il classico contesto in cui fino a qualche mese fa non ci saremmo assolutamente aspettati di trovarlo. D’altra parte non è un mistero che sia alla ricerca di nuovi stimoli ed esperienze: fino a qualche mese fa si vociferava che avesse perfino presentato una canzone per partecipare a Sanremo. “Sì, è tutto vero: era su beat di dj Tayone e tratta da Kalimba de Luna di Tony Esposito. Purtroppo non è stata presa. Mi piace fare cose sempre nuove, se avessi voluto continuare a fare quelle vecchie sarei rimasto nei centri sociali a sfidarmi in freestyle con gli altri rapper. Bisogna essere in grado di portare il proprio pensiero dovunque: dal centro sociale fino al concerto del primo maggio, dalla discoteca a Sanremo. Solo così ci si arricchisce come persone. Ci riproveremo l’anno prossimo e vedremo come va”. Chissà se in questo caleidoscopio di nuove imprese ci sarà anche qualche film, dato il suo background nella recitazione. “Da ragazzino facevo un sacco di provini e ho fatto anche molto teatro; il mio vero sogno era fare l’attore, ma oggi non ho dubbi nel dire che il rap mi ha salvato la vita, non ho rimpianti. Mi piacerebbe fare un film, ma non mi sono arrivate proposte per ora”.

Insomma: Miracolo! è davvero un miracolo? No, o quantomeno non ancora; manca ancora un piccolo ma fondamentale guizzo di genialità e coraggio, quello che ti rende consapevole del fatto che non si può sempre piacere a tutti e ti aiuta a trovare una direzione che sia solo tua, emancipata dalle aspettative altrui. Però è un ottimo compromesso tra musica melodica d’autore e rap fatto bene, molto piacevole da ascoltare, e non è affatto usa-e-getta come il 90% dei prodotti di oggi. Inoltre costituisce un enorme passo avanti rispetto a Mea culpa: si nota un netto miglioramento e una maggiore sicurezza e più gusto nello scegliere i featuring non strettamente hip hop (stavolta niente Negrita, per intenderci). La strada intrapresa è senz’altro molto promettente.

Il tour di Clementino partirà il 13/06 da Santa Apollinare (BR) per poi inaugurarsi davvero il 26/06 con la data del Carroponte di Milano. Tutte le info su Facebook.