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Jamil: l’intervista

28-12-2014 Marta Blumi Tripodi

Jamil: l’intervista

Tra tutti i giovani mc in circolazione attualmente, il nome di Jamil è uno di quelli che ricorre più spesso negli attestati di stima dei colleghi più anziani. Poco più di vent’anni, veronese, si è guadagnato un posto in una crew di tutto rispetto, la milanese Voodoo Smokers, e questo autunno ha pubblicato il suo primo album ufficiale, Nirvana. Il cui ultimo video estratto, tra l’altro, è appena uscito: si intitola Volevo solo e potete vederlo qui. Lo abbiamo intercettato qualche settimana fa al telefono, mentre era a bordo di un taxi diretto all’ultima delle sue tante date in giro per l’Italia: ecco il resoconto della nostra chiacchierata.

Blumi: Visto che è la prima volta che ti intervistiamo, cominciamo da subito con le domande di rito: chi sei, da dove vieni, cosa hai fatto fino ad ora?

Jamil: Vengo da Verona, il mio primo mixtape è stato Black Book del 2012, uscito per Produzioni Oblio con l’hosting di Vacca. Da lì è cominciato tutto. Nel frattempo sono stato in tour con Vacca, cercando di imparare il più possibile da lui, e mi sono messo al lavoro sul disco nuovo, Nirvana, uscito qualche mese fa. Diciassette tracce in cui ho messo davvero tutto me stesso.

B: Sei membro di di Voodoo Smokers, un collettivo storico di Milano, nato ormai quasi quindici anni fa. Come ci è finito un ragazzo di Verona e perdipiù di soli 23 anni, in una crew così?

J: Bella domanda, tante volte me lo chiedo anch’io! (ride) Per me comunque è davvero un onore e una fortuna. Voodoo per la vita! Ho conosciuto inizialmente Vacca a un concerto, da lì siamo sempre rimasti in contatto e abbiamo cominciato anche a lavorare a qualche pezzo insieme. Da quella collaborazione è nata anche la crew Voodoo COD.

B: Ecco, visto che la cosa spesso non è chiarissima: che differenza c’è tra Voodoo Smokers e Voodoo COD?

J: In realtà è semplicemente una divisione della stessa crew e serve per introdurre gente nuova, che non fa parte del nucleo storico di Voodoo Smokers, ad esempio Egreen. L’idea nasce dal fatto che Voodoo Smokers è una crew storica, che ha avuto più o meno sempre gli stessi membri, e ci piaceva l’idea che restasse così: io sono stato l’ultimo ad entrare ufficialmente, dopodiché abbiamo deciso che era meglio creare un nuovo spazio per i nuovi arrivati. Insomma, stessa famiglia, rami diversi. Anche perché siamo davvero in tanti, e diventava difficile fare scelte…

B: In molte occasioni hai ribadito che sei più un fan del rock che un fan del rap, e che la tua vita quotidiana non c’entra molto con l’hip hop…

J: Faccio rap perché non riuscivo a mettere su una band, ma anche perché mi piaceva soprattutto scrivere i testi delle canzoni. Ho iniziato da ragazzino ascoltando Jovanotti, mi piaceva il fatto che mischiasse il rap agli strumenti musicali. Del rock mi è rimasta soprattutto l’attitudine, e gli ascolti: a casa mia tutti ascoltano quello.

B: E del rap, invece, cosa ti piace? Cosa ascolti di solito?

J: Di rap mi piace Wiz Khalifa e basta. E Tommy Lee, che però fa dancehall. In generale comunque non mi faccio influenzare granché dagli altri musicisti, anzi, mi piace molto riascoltare la mia roba dopo che l’ho registrata. Sembra da narcisi, però mi serve soprattutto a capire se ho fatto bene o ho fatto male, o comunque la linea che devo tenere.

B: Non ascolti neanche rap italiano?

J: No, non l’ho mai ascoltato molto.

B: Restando in tema poco tempo fa, in un’altra intervista, hai dichiarato che la scena rap non ti ha mai portato rispetto e non ha mai speso una buona parola per te…

J: Esatto. Le uniche persone che rispetto nella scena rap sono i ragazzi della Blocco Records, da Zanna a Emis Killa passando per i DDP. Loro mi hanno sempre supportato.

B: Dall’esterno, però, non sembrerebbe che tu sia così emarginato dalla scena rap italiana. Anzi, il tuo nome salta sempre fuori quando si parla dei giovani mc da tenere d’occhio. Insomma, un po’ di supporto c’è, non trovi?

J: Sì, certo, un po’ di supporto c’è, perché quando una roba vale la gente ne parla.

B: Restando in tema di nuove generazioni di mc, negli ultimi due-tre anni si ha l’impressione che molti degli emergenti evitino di concentrarsi sui contenuti (qualunque tipo di contenuto, non necessariamente testi densi di significato) e nei loro pezzi facciano soprattutto esercizi di stile; sono strofe che magari fino a qualche anno fa sarebbero state usate soprattutto per i mixtape o le posse cut, e oggi invece finiscono dritte negli album. Cosa ne pensi?

J: Ovvio, non c’è più la pazienza di aspettare, riascoltare, pensare bene a come usare la propria roba. Tutti hanno fretta di uscire e basta, non pensano mai che poi quello che fanno uscire sarà a disposizione di tutti per sempre e che quello che dicono passerà alla storia come il loro pensiero. Basterebbe ragionarci sopra un po’ meglio.

B: Nirvana tra l’altro è il tuo primo album ufficiale, prima avevi fatto uscire solo mixtape: c’è stata qualche differenza tra la lavorazione di quest’ultimo e le tue produzioni precedenti?

J: Io e il mio producer ci siamo chiusi in camera mia per sei mesi, curando tutte le produzioni. Ci tenevo soprattutto a fare qualcosa di diverso, nel mio disco c’è un po’ di tutto: un pezzo dancehall, un pezzo hip hop, dei pezzi più rock, dei pezzi d’amore… Ho scelto di collaborare soprattutto con gli amici e le persone che mi hanno sempre supportato, come ad esempio Emis Killa, Karkadan, Vacca, Marcio e tanti altri. In particolare Emis Killa e Vacca li considero davvero dei fratelli, anzi, Vacca è praticamente mio padre. Con loro ci sentiamo telefonicamente almeno una volta a settimana, e con Vacca ore e ore ogni giorno su Skype.

B: È vero che ti sei tatuato la faccia di Vacca, tra l’altro?

J: Sì, sulla gamba!

B: Per curiosità, lui cos’ha detto quando l’ha saputo?

J: Era contento, ha detto che era giusto e che glielo dovevo! (ride) Anzi, appena faccio un disco che spacca davvero, uno che lo faccia diventare ricco, vedrai che anche lui si tatua la mia! (ride)

B: Tornando per un attimo al passato, il tuo video King del bong ha fatto molto parlare di sé perché contiene una lunga serie di cameo di esponenti della scena rap italiana, filmati in tua compagnia (e in compagnia del tuo bong). Com’è nato?

J: Tutto nasce dai miei giri per l’Italia per suonare: ogni volta avevo il bong con me, e gli altri mi davano scherzosamente del king del bong. Al che ho creato un pezzo chiamato appunto King del bong, in cui li nominavo tutti, e li ho richiamati chiedendo se avevano voglia di farsi riprendere per il video. Hanno detto tutti di sì, ma soprattutto perché sapevano che era tutto vero, che non era una scena costruita a tavolino, perché anche nella vita di tutti i giorni sono così. Io ho sempre il bong con me, e infatti nel video appare in moltissime situazioni: a Roma davanti al Colosseo, nel centro storico di Genova… Insomma, non c’è stato niente di costruito, è nato tutto in maniera spontanea. Non è che mi sono svegliato una mattina e mi sono detto “voglio essere il king del bong”. Anzi, a dire il vero probabilmente ci sono un casino di king del bong in Italia, solo che la maggior parte di loro non fanno rap! (ride)

B: Non mi resta che chiederti i tuoi progetti futuri…

J: Suonare. Soprattutto suonare. Ci tengo davvero tanto.