Immaginate di svegliarvi un giorno come tanti, aprire la finestra e trovarvi 115 kilometri di muro alto 4 metri, tutto in cemento armato, con delle sentinelle di guardia (armate anche loro) a dividervi dai vostri amici, dalla vostra famiglia. Questo è quello che hanno vissuto gli abitanti di Berlino nell’agosto del 1961. In una sola notte, per volere della Berlino Sovietica, fu innalzato un muro per impedire la “fuga di cervelli” verso Ovest. Ma questa è storia nota a tutti.
Questo grande blocco di cemento armato, grigio e triste, divenne subito la tela di migliaia di artisti di strada, graffitari che armati di bombolette lo decorarono, dando voce a un popolo strozzato: frasi, disegni, e colori accesi frutto d’un istinto di liberà, di unione, di protesta… Quelle opere trasformarono ben presto il muro una galleria a cielo aperto.
25 anni fa, qualcosa cambiò: i berlinesi scesero in strada e, con martelli e picconi, abbatterono quella mastodontica struttura, tornando finalmente ad abbracciare i propri fratelli e amici. Quel grande blocco di cemento, fatto di odio e guerra, di scontri e avidità, crollò, diventando solo un mucchio di macerie passate alla storia. Oggigiorno di quel baluardo rimangono solo piccoli tratti, più o meno brevi: il più lungo, nonché il più particolare, è la East Side Gallery, un tratto di circa 13oo metri oggi divenuto galleria d’arte.
Questo tratto dell’ormai decaduto muro, subito dopo il crollo, fu letteralmente assalito da migliaia di graffitari e writer provenienti da tutto il mondo che, bomboletta alla mano, dettero colore alla propria gioia per quanto era appena successo, alla democrazia, all’emancipazione, all’unione tra i popoli, dando voce finalmente alla voglia di riscatto del popolo di Berlino . La scelta degli artisti di lavorare sulla facciata est del muro fu un ulteriore provocazione ai poteri forti che tanti anni prima imposero la nascita del suddetto, visto l’assoluto divieto di avvicinarsi alla struttura nella parte sovietica della capitale tedesca. A chi prima si fosse permesso anche solo solo di passarci davanti, infatti, avrebbero sparato a vista: oltre 136 giovani morti ammazzati dalle sentinelle ne sono la prova.
Le opere della Est Side Gallery sono un misto di ironia sui politici e sulla politica, di amore verso la libertà e di sfregi verso il sistema a favore del muro. Tra i dipinti più famosi ricordiamo “Trabant che sfonda il muro”, oppure “Il Bacio tra Honecker e Breznev”, mentre tra gli artisti più noti che hanno lasciato il segno quella parete è doveroso citare Christine Mac Lean (la prima a dipingere un murales), gli Alavi, Jim Avignon e tanti altri.
Nel 2009 il tratto fu restaurato dagli stessi artisti che 20 anni prima lo avevano dipinto: l’intervento fu obbligatorio a causa della rovinosa situazione dei murales, vittima delle intemperie e dei turisti alla ricerca di un souvenir speciale. L’arte in strada ha più voce delle urla: niente rimane impresso più di un’opera su un muro, più dei colori sgargianti e dei disegni deformati che illuminano un posto spento. Le opere della galleria hanno marchiato a fuoco, sui resti di quell’orrore, un momento storico, un momento di liberazione, di pace e di fratellanza. Quella galleria ha il sapore della libertà.