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Dieci anni di Unlimited Struggle: Anni senza fine

23-09-2014 Luca Scremin

Dieci anni di Unlimited Struggle: Anni senza fine


Nel nostro racconto dei dieci anni di Unlimited Struggle eravamo arrivati a Block notes. Con un salto di tre anni andiamo al 2008, anno in cui esce Anni senza fine, seconda fatica solista di Mistaman.

Mi è sempre piaciuto il legame che si instaura tra questo disco e il precedente Parole, dal momento che se guardate alla copertina (ovviamente realizzata da Corrado “Mecna” Grilli), vi troverete anche voi a pensare che sia quasi più calzante per un album chiamato Parole che non per uno che si intitola Anni senza fine. C’è continuità, ma è evidente dal primo suono, dal primo scratch e dalla prima rima che questo disco è molto meno grezzo, più curato, compatto e, in ultima analisi, compiuto.

La maestria tecnica e l’abilità con le punchline sono sempre stati tra i punti forti di Mista e chi è convinto del contrario è pregato di ascoltarsi Cento barre (a cui è stato recentemente dato un seguito, prodotto anch’esso da Fid Mella e intitolato com’è ovvio Centouno barre) e M.I.S.T.A.M.A.N. (tentativo di applicare il tautogramma al rap. Per chi scrive, la vetta italiana del genere rimane Dalla A alla Zeta di Fabri Fibra, ma anche questa è tosta).

Ma qui dentro c’è molto di più. C’è la vita come la può vivere un uomo qualunque, spesso costretto alla ricerca di un’esistenza sempre più veloce, opulenta e ostentata (Escalation) da una società che vive in uno stato d’allerta perenne, indotto anche dai media e dall’informazione (Cosa c’è che non va?).

Te-le-co-man-do è un geniale esperimento in grado di raccontare il rapporto tra l’uomo e la televisione, che da passatempo diventa un’abitudine e rischia di trasformarsi in una forza capace di manipolarci (Non sono qui per dare alla gente quel che vuole/Sono qui per dire alla gente quel che vuole). A voler guardare, ci sono anche pezzi d’amore che stemperano l’atmosfera, come la delicata So che ci sei e l’ode La mia musica (Far spiegare quel che provo a un musicologo/Equivale a far spiegare l’amore a un cardiologo, sic).

Ma il nucleo fondante di questo disco risiede nelle prime tracce, tra le migliori che Mista abbia mai registrato. Chi sei è un manifesto della volontà di conoscere se stessi, un incoraggiamento a combattere tutte le etichette che rischiano di non definirci affatto e anzi di limitarci come persone (Quel che conta davvero è il grado di sopportazione/Se tu ti sai adattare quando sei sotto pressione).

Se solo avessi… è un racconto autobiografico delle tante volte in cui Alessandro “Mistaman” Gomiero ha preso una decisione, anteponendo spesso le proprie passioni alla ricerca di una sistemazione comoda, di un lavoro sicuro e quindi, sostanzialmente, di soldi. Guardarsi indietro e rivendicare con orgoglio ogni scelta, anche quelle che non hanno portato alcun benessere economico, non è affatto una posa e anzi richiede coraggio e maturità (non solo artistica).

Mista ci invita se non a osare, quanto meno a tentare di fare quello che ci fa stare meglio, a non lasciare che siano scelte dettate dal bisogno di campare a definire la nostra identità. Questi sono gli anni senza fine del titolo, quelli in cui si tenta di far convivere le proprie passioni con ciò che ci permette di sbarcare il lunario, anche se anni di sbatti son fatti ostaggi di pochi attimi. Ci vuole grande consapevolezza di se e del mondo circostante per scrivere pezzi del genere.

L’intensità di questo disco, assieme all’amalgama tra la voce caleidoscopica del rapper trevigiano e le produzioni (ad opera di Shocca, Frank Siciliano, Fid Mella, Zonta e Stokka) sono gli elementi che, all’epoca dell’uscita del disco, mi hanno fatto pensare di avere tra le mani un futuro classico (spulciando tra gli archivi della “stampa” a cui sono più affezionato, scopro di non essere stato il solo). Oggi, a sei anni di distanza, ne rimango fermamente convinto.