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Lo strano caso del giornalista italiano che insultava i rapper

15-09-2014 Marta Blumi Tripodi

Lo strano caso del giornalista italiano che insultava i rapper

Che i media italiani non siano pronti ad affrontare l’attuale boom dell’hip hop è cosa ormai nota ed evidente: i giornalisti che lavorano per testate generaliste ma provengono da un background hip hop (o perlomeno sono in grado di comprenderlo) si contano sulle dita di una mano, mentre articoli/ servizi/ programmi tv pieni di strafalcioni, incomprensioni e velate frecciatine si moltiplicano come funghi. Anche perché, per un caporedattore o un responsabile del palinsesto televisivo, è difficile verificare se un collaboratore che dice di conoscere i fondamenti di questa cultura li conosce davvero: essendo il primo a non capirci granché, si fida sulla parola. Spesso a torto.

Tipicamente, il giornalismo italiano affronta il rap con un misto di curiosità e snobismo: ne parlo perché voglio essere sul pezzo, ma intimamente lo disprezzo, perché non sarà mai paragonabile alla musica “vera” (e inoltre, se tanto mi dà tanto, è destinato a scomparire in fretta dalle classifiche, quindi meglio chiarire da subito che non l’ho mai preso sul serio). A tutto questo siamo abituati, non ci facciamo quasi più caso. Dovremmo però far caso a un fenomeno molto più infido: quello del giornalista/ autore televisivo/ opinionista a vario titolo che, non contento di non averci capito granché, si ritiene in diritto di riversare un fiume di insulti su una cultura che ha ormai raggiunto un’età superiore alla sua. E’ il caso di Massimo Zamarion, opinionista per Giornalettismo, tra le altre cose: non sappiamo molto di lui (ma potete farvi un’idea del personaggio dando un’occhiata al suo blog), ma è salito agli onori delle cronache ieri, quando un suo editoriale pubblicato proprio su Giornalettismo ha comprensibilmente fatto imbufalire una buona parte della scena hip hop nostrana. I fatti: i servizi segreti britannici sospettano fortemente che il boia dell’Isis, quello che nelle ultime settimane ha decapitato tre giornalisti, sia un ex rapper di origine araba, cresciuto in Inghilterra ma emigrato in Siria per partecipare alla Jihad. Il fatto che si tratti di uno squilibrato che non ha nulla a che fare con il movimento hip hop sarebbe evidente a chiunque: ciononostante, Zamarion si lancia in un’invettiva assolutamente gratuita e lesiva della dignità dei rapper tutti. Citiamo letteralmente dal suo articolo: “il bulletto tagliatore di teste (o pseudo tale) mi ha improvvisamente illuminato sulla sua psicologia, sua del rapper, voglio dire. Di questo lo devo ringraziare. Prima pensavo al rapper, per giustificatissima pigrizia, semplicemente come a un ebete. Non ho cambiato idea, ci mancherebbe altro, ma adesso distinguo con nettezza la tipicità della sua ebetudine”. E ancora: “ Perché il rapper predica? Anche questo l’ho capito solo adesso (…): il rapper predica per mascherare le stronzate che gli escono di bocca. (…) Ma riprendiamo l’analisi psicologica del rapper. Dunque, ben sapendo di non essere una cima, di essere fondamentalmente un coglione senz’arte né parte, e appunto di essere capace solo di sparare ritmicamente minchiate senza soluzione di continuità; sapendo dunque istintivamente tutto questo il rapper piega la testa (come fanno i cani perplessi, ma senza la loro incantevole innocenza) e, tutto compreso di sé (al contrario di Fido), impone a se stesso una maschera di ieratica fissità, cominciando poi a sciorinare tutto quell’insulso, risibile campionario di gesti (buffissimo il contrasto con la faccia seriosamente scema), che altro non è che un surrogato del ditino ammonitore del predicatore. Insomma, è un modo per farsi prendere sul serio”.

Ora, a ben guardare il problema non è il signor Massimo Zamarion, chiunque egli sia – ammesso che per qualcuno sia qualcuno (passatemi il gioco di parole). Ciascuno ha diritto alle proprie opinioni e anche lui ha diritto alle sue – ammesso che qualcuno abbia voglia di leggerle (passatemi lo scetticismo). Il problema, piuttosto, è perché una testata seria e conosciuta come Giornalettismo, registrata al Tribunale e quindi dotata di un direttore responsabile, stimata e rispettabile sotto innumerevoli punti di vista, decida di dare voce a un editoriale così becero e senza senso. Se un mio collaboratore mi proponesse un articolo di insulti gratuiti nei confronti di un altro genere musicale, di un partito politico, di una qualunque organizzazione ed entità, non avrei dubbi nel rifiutarlo e neanche nel mandarlo a ripetizioni di deontologia giornalistica. Purtroppo questa non è la regola, soprattutto nel web, dove l’importante è generare clic e commenti per rendere la notizia virale, il più rapidamente possibile, e spesso chi detta la linea editoriale legge i contributi dei suoi collaboratori solo a pubblicazione già avvenuta. Ma vogliamo credere con tutta la buona fede di cui siamo capaci che si sia trattato solo di una svista, di una temporanea omissione di sorveglianza: invitiamo quindi il direttore di Giornalettismo, Marco Esposito, a leggere l’articolo in questione e, se lo riterrà opportuno, a rimuoverlo – perché l’hip hop non è una persona fisica e non può querelare il signor Zamarion ma, se lo fosse, gli estremi per una querela ci sarebbero tutti. Nel frattempo, invitiamo anche tutti coloro che si sentiranno offesi dalle parole del signor Zamarion a esercitare il proprio diritto di critica commentando l’articolo in questione qui e comunicando direttamente con il suo autore (su Facebook o su Twitter). Hashtag #ZamarionStudia, per comodità.