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Quando recensioni e news sono a pagamento

19-01-2014 Marta Blumi Tripodi

Quando recensioni e news sono a pagamento

Negli ultimi tempi i musicisti italiani e i loro staff si trovano a fronteggiare un fenomeno nuovo e a dirla tutta piuttosto inquietante: la richiesta di soldi in cambio della pubblicazione di notizie, recensioni e interviste. Richiesta che ovviamente parte da siti web e riviste ben poco serie che sperano di sfruttare l’ingenuità e la necessità di autopromuoversi degli artisti. Episodi simili non sono del tutto ignoti al music business italiano, soprattutto in ambito rock: c’è ad esempio il celebre caso di una vecchia rivista che non nomineremo, ma che è piuttosto conosciuta nell’ambiente, che per anni ha campato garantendo una recensione soltanto a chi comprava spazi pubblicitari sulle loro pagine. Abbiamo quindi deciso, visto che l’hip hop sta diventando sempre più spesso un business per chi si occupa di musica, di approfondire la questione, sperando di fare un favore a tutti i rapper che dovessero avere a che fare con questo tipo di problematica. Per farlo abbiamo interpellato un personaggio del tutto esterno alla scena, che ci ha chiesto di restare anonimo. Possiamo dirvi che è il fondatore di una piccola etichetta indipendente italiana che si occupa soprattutto di indie rock, che ho avuto occasione di conoscere tramite il mio lavoro in radio: di rap non ne mastica praticamente mai, ma conosce molto bene i meccanismi della musica underground italiana, ambito in cui lavora da una decina d’anni.

In percentuale, su tutte le volte che mandate un comunicato o una richiesta di una recensione/intervista a un sito o a una rivista, quante volte vi capita di ricevere in cambio una richiesta di denaro?

È una percentuale molto bassa (2% scarso, direi) ma più che altro è un fenomeno che, per quanto riguarda la mia esperienza, in maniera così esplicita si è manifestato di recente e solo da parte di testate web, a occhio e croce gestite da under 30 che non hanno molta cognizione del mercato musicale e delle sue strutture.

Si tratta di testate serie (e effettivamente lette) o di piccole realtà?

Piccole realtà, appunto. E, va detto, realtà che prima accoglievano proposte seguendo l’iter classico, ossia quello che se il materiale interessa viene considerato/trattato senza alcun tipo di richiesta (men che meno monetaria), ma che, vista la mole di richieste ricevuta (a sentire loro), pensano sia nell’ordine delle cose mettere a frutto questo lavoro facendo richieste economiche a etichette, artisti, uffici stampa ecc. Insomma, prima gratis poi, visto che funziona (sempre a sentire loro), a pagamento. Molte testate a volte ti presentano offerte per l’acquisto di banner pubblicitari, come è normale, mentre quelle di cui parliamo vanno decisamente oltre: pensano che l’offerta di garantirti la pubblicazione di un comunicato stampa, la realizzazione di un “articolo” o il fatto di mettere più in evidenza il video di un tuo artista, sia del lavoro che devi pagare tu, etichetta, artista, ufficio stampa ecc.

Quanto è esplicito il discorso? Cercano di girare intorno alla questione o passano direttamente alla proposta commerciale?

C’è proprio chi manda l’elenco delle offerte con relative tariffe. In alcuni casi si può anche scegliere la formula, ci sono vari “pacchetti”. Alcune offerte garantiscono sia pubblicità sia “articoli”, mischiando i due aspetti, creando dunque esplicitamente un’ambiguità (e questo è il fatto più assurdo, perché coinvolge il lettore/potenziale acquirente di un disco o di un brano, che in tutto questa dinamica passa in secondo piano). Altri lo presentano come un “servizio di ufficio stampa web” per la pubblicazione dei comunicati stampa. Però loro sono una testata web le cui news potenzialmente possono rimbalzare su qualche motore di ricerca, mica un vero ufficio stampa.

Qual è la richiesta più sfacciata che hai ricevuto, finora?

Sono tutte molto simili e, per quanto mi riguarda, tutte sfacciate ma più che altro un po’ ignoranti. Perché di fatto ignorano, o fanno finta di ignorare, come funzionano o dovrebbero funzionare le cose.

Quali sono le “tariffe”, per così dire?

Dalle mail che ho ricevuto, pare da 50 a 500 euro al mese. E anche qui: forse non si rendono conto delle cifre su cui vive oggi il mercato musicale indipendente. Pensa se uno accettasse questo meccanismo e si mettesse a pagare, che ne so, 5 o 10 testate web (di meno non servirebbe a nulla, giusto?) al mese: o è pieno di soldi che non arrivano dalla musica o è quasi impossibile.

Pagare ti garantisce una recensione positiva, o ti garantisce soltanto di comparire sulla testata in questione, magari essendo stroncato?

Eh, questo chi lo sa… non ne ho mai usufruito, come credo si sia capito, e nelle spiegazioni che ti mandano (di loro iniziativa, sia chiaro) non lo specificano. Andando a intuito, leggendo tra le righe, direi che si tratta di articoli di servizio, più informativi che critici (che poi anche molte recensioni a dirla tutta sono di servizio). Ma difficile dire fino a dove possano spingersi. Non ho neanche individuato chi ha usufruito di queste offerte (se esiste qualcuno che lo fa). E credo che in qualche caso queste testate continuino a pubblicare materiale senza richieste monetarie: come dire, ci sono artisti che garantiscono traffico, altri no, altri chissà. Nel dubbio tu pubblichi quelli che ti portano lettori e da tutti gli altri cerchi di guadagnare garantendo “articoli”. Non si preoccupano per esempio di fare un bel sito, di cercare delle notizie reali, di saper gestire bene un social network e quindi di ottenere un buon giro di lettori/visitatori e magari diventare appetibile a chi cerca spazi pubblicitari da comprare.

Negli anni precedenti gli addetti ai lavori hanno sempre lamentato che molte riviste musicali recensivano solo se si accettava di acquistare pubblicità sulle loro pagine. Nell’era di internet è cambiato qualcosa?

Guarda, che esistano o meno questi ricatti, per quanto velati, non ci giurerei. Può accadere che una rivista, specie in tempo di crisi, sensibilizzi le realtà con cui ha dei rapporti professionali sulla situazione economica della testata facendo presente le offerte sugli spazi pubblicitari. Qui però bisognerebbe analizzare toni e parole usate per assicurare che si tratti o meno di una condizione sine qua non. In alcuni casi può essere anche un’interpretazione quella del “o compri uno spazio pubblicitario o non ti considero”. O almeno, io parlo pensando ai media piccoli o medio-grandi specializzati in musica, non ai colossi. È vero che artisti, etichette e uffici stampa pressano di continuo le riviste e spesso e volentieri neanche le comprano, anche quando esce la recensione del loro disco, dunque se non supporti in alcun modo le realtà che vuoi che supportino te, può darsi che a qualcuno girino e si creino situazioni di cui parli… Nell’era di internet cambia che c’è una marea di persone che apre una testata per hobby (e spesso non potrebbe essere altrimenti) e oggi, dopo qualche anno, c’è chi vorrebbe guadagnarci ma in fin dei conti non ha idea di come fare. La concorrenza è alta e cercano di superarla trovando dei clienti tra gli addetti ai lavori.

Consiglieresti a un cantante o a un rapper emergente di comprarsi gli articoli e le segnalazioni? E soprattutto: alla fin della fiera, serve a qualcosa?

Come sopra: penso si sia capito che no, non lo consiglierei. Anzi, a un emergente che collabora con me glielo impedirei. Non credo serva a nulla. Ci sono tante testate web che si occupano di musica per e con passione, a volte anche con professionalità, dunque consiglierei di cercare di creare un rapporto con queste. Magari andando ai concerti, dove prima o poi i frequentatori più assidui finiscono anche per conoscersi.