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Dub Inc: l’intervista della tappa milanese

08-12-2013 Haile Anbessa

Dub Inc: l’intervista della tappa milanese

Il loro nuovo disco Paradise è appena uscito ed è già un grande successo di critica. I francesi Dub Inc sono infatti una delle migliori band reggae attualmente in circolazione e nella tappa milanese del loro tour abbiamo scambiato due parole con Zigo, batterista della band e uno dei tre membri fondatori. Vediamo che cosa ci ha raccontato.

Haile Anbessa: ciao Zigo ci incontriamo nuovamente. Cosa puoi raccontarmi di nuovo dall’ultima volta che ci siamo visti? È uscito un nuovo album…

Zigo: siamo sempre gli stessi. Certo è uscito Paradise ed è sempre una gran cosa perché un nuovo album per degli artisti come noi è come una nuova nascita, un bebè. Non è semplice lavoro bensì sette o otto mesi di durissimo lavoro e c’è una bella differenza. Abbiamo investito molto della nostra vita in questo progetto. Molte cose hanno influenzato questo album, soprattutto quanto raccolto in tour. Abbiamo visitato moltissimi paesi. Siamo felici perché l’album è uscito due mesi fa e siamo di nuovo in tour da due settimane e stiamo avendo moltissimi feedback positivi a questo proposito.

H.A.: parlami di queste influenze a cui accennavi prima. So che nel vostro tour precedente avete toccato paesi parecchio esotici. Cosa avete appreso in questi luoghi così lontani?

Z.: siamo stati in paesi pazzeschi: Colombia, India, Libano o Russia. Devi sempre ricordarti che noi siamo una piccola band preveniente da una città industriale al centro della Francia chiamata Saint Etienne dove non succede praticamente nulla e la musica l’abbiamo imparata per conto nostro. Per noi quindi è incredibile viaggiare così tanto grazie alla musica. In questo modo siamo entrati in contatto con vari stili di vita differenti, altre culture e tutto questo ispira profondamente il nostro lavoro.

H.A.: in Paradise concretamente dove ritroviamo queste esperienze?

Z.: ti direi in primo luogo dai testi. In canzoni come il singolo Better Run questo è evidente. Si parla infatti di persone che devono abbandonare il proprio paese per necessità, non certo per scelta. Questo accade per via delle guerre, della povertà e di molta altra merda. Queste persone arrivano in paesi in cui non sono desiderati molto spesso e quindi devono cambiare la loro vita. In Francia viviamo questo con i rumeni che non scelgono di venire nel nostro paese ma lo devono fare per forza perché nel loro paese sono praticamente oppressi. Nelle nostre città però non sono ben voluti solo perché non ci assomigliano e noi della band abbiamo visto con i nostri occhi delle autentiche deportazioni di queste persone, bambini compresi, che ci hanno ricordato le peggiori immagini dell’olocausto. Prima abbiamo accennato al Libano e anche quell’esperienza è stato molto forte per me. Siamo stati accolti con molto calore in quel paese e non riesco a capacitarmi come quella gente possa ancora conservare tanta gioia. Il Libano è infatti la spugna di tutti i conflitti del Medio Oriente e la guerra è all’ordine del giorno. Tutto questo influenza la nostra musica, tutte queste piccole storie. Non solo nei testi comunque ma anche negli arrangiamenti. Per esempio nel nuovo album abbiamo utilizzato moltissimo la fisarmonica dopo essere stati in Colombia. Viviamo in Babilonia e da certe logiche non ci possiamo sottrarre ma dobbiamo sempre tentare di fare qualcosa di buono e il nostro compito in questo caso è quello di raccontare quello che vediamo. Possiamo aiutare così sia i nostri vicini che delle persone in Africa per esempio. Sogno di andare presto in Israele e Palestina per rendermi conto della situazione e fare dei concerti nell’area.

H.A.: tu sei uno dei fondatori storici dei Dub Inc, un membro del nucleo originario composto da soli tre individui. Hai visto tutte le evoluzioni del gruppo. Cosa vedi nel vostro futuro? Che cosa è cambiato rispetto al passato?

Z.: posso dirti che sono quindici anni che suoniamo e l’evoluzione è continua. Guarda ora, stiamo facendo quest’intervista in questo tour bus gigantesco e siamo in Italia. Quindici anni fa eravamo in un furgone per suonare davanti a dieci persone a Saint Etienne. Non so cosa ci riserverà il futuro ma di sicuro continueremo a fare musica. È molto semplice. Noi siamo musicisti e umilmente vogliamo solo andare sullo stage e suonare.

H.A.: una domanda che non ti ho rivolto la prima volta. Il vostro nome chi l’ha scelto? Lo avete preso in considerazione perché inizialmente facevate solo dub?

Z.: abbiamo scelto questo nome quando eravamo solo in tre, chitarra, basso e batteria. Eravamo alle superiori e il bassista che ora non c’è più già da qualche tempo creò il nostro logo, come un brand. Era un timbro che ci piacque. Poi aggiungemmo una voce e le cose crebbero subito. Mantenemmo questo nome che inizialmente non era importante perché ci interessava in primo luogo suonare e facevamo soprattutto dub e metal in un mix vincente. La musica è cambiata dopo circa nove mesi che iniziammo nel genere che oggi voi tutti conoscete.

H.A.: parlami ora della tua etichetta di cui ti occupi parallelamente ai Dub Inc…

Z.: la mia etichetta si chiama Greenyard Records. Nella band condividiamo tutto e prendiamo le decisioni tutti assieme e ognuno di noi crea le proprie cose. Tutto è cominciato quando un artista giamaicano passò per Saint Etienne e io volevo registrare qualcosa di suo. Contattai i membri della band ma nessuno aveva molta voglia di andare in studio. Così andai da solo e decisi di poter iniziare la mia etichetta e creare le mie produzioni. Incontrai in seguito Horace Andy e lui è stato uno dei primi big con cui ho collaborato per Greenyard Records. Ho realizzato così che non è difficile andare dai grandi nomi e chiedere di collaborare assieme. L’unico problema è che questi artisti chiedono soldi per registrare e quindi ho deciso di investire metà delle mie royalties provenienti dai Dub Inc per la mia famiglia e metà per la mia etichetta. Non mi interessa vendere quanto più creare e produrre. Sono stato anche in Giamaica e ho collaborato con artisti come Anthony B o Luciano. Rilascerò questo materiale presto quando tirerò un po’ il fiato con i Dub Inc. E’ un periodo difficile per la musica, non si acquista più niente ma si scarica solamente. Ho deciso quindi di rallentare per rilasciare il materiale nel migliore dei modi. Per esempio ho creato un EP con Tony Curtis che è un ottimo artista ma non molto conosciuto. I feedback sono stati molto positivi ma ho venduto solo 3 copie. Ho speso molti soldi ma non mi importa anche se devo fare attenzione a non perdere troppi soldi in questi progetti. Sto realizzando progetti anche con artisti indiani o indonesiani molto interessanti. Aspettate e vedrete!

H.A.: suoni tutto tu nelle tue produzioni?

Z.: suono quasi tutto ma mi piace chiedere aiuto ai miei compagni perché ad esempio suonano il piano e la chitarra molto meglio di me.

H.A.: a questo proposito chi è il tuo modello come batterista?

Z.: ti sembrerà pazzesco ma se non parliamo dei mostri sacri del reggae giamaicani su tutti Sly Dunbar e Carlton Barrett o altri valenti come ad esempio il batterista di Shaggy che mi piace molto, posso dirti che in ogni album dei Dub Inc io prendo piccole parti dei Metallica e li nascondo nella nostra musica. Io sono un grandissimo fan di Lars Ulrich e apprezzo molto la sua potenza e il suo stile semplice ma parecchio incisivo. Provo sempre a ricreare quell’energia soprattutto sul palco. Amo tantissima musica. Anche quest’altra prossima affermazione ti potrà suonare molto strana ma ad esempio mi piace vedere le esibizioni di grandi pop start come ad esempio Justin Timberlake perché, nonostante non apprezzi il genere, mi piace osservare come queste band cerchino sempre di raggiungere la perfezione in ogni ambito. I loro show sono pazzeschi ed è innegabile e noi tentiamo nel nostro piccolo di ricreare quelle atmosfere con i nostri talenti limitati. Per questo lavoriamo duro per raggiungere certi risultati.

H.A.: che città toccherete con questo nuovo tour?

Z.: saremo in giro fino al 21 di dicembre e suoneremo prevalentemente in Francia ma toccheremo anche Svizzera, Belgio e Italia. Nel 2014 poi cominceremo il tour mondiale partendo dall’Inghilterra per poi raggiungere Europa dell’est, Australia, Nuova Zelanda, poi di nuovo Francia, festival estivi in Europa e quindi Sud America e Nord America.

H.A.: state già lavorando a qualcosa di nuovo in studio?

Z.: per ora no. Sono sicuro però che per il prossimo album cambieremo metodo perché produrremo molto meno e sarà più veloce e più grezzo. Molto meno pop insomma. Probabilmente faremo qualcosa live anche se youtube è già pieno di nostre esibizioni. Abbiamo anche un documentario su di noi Rude Boy Story. Saranno registrazioni live tutti assieme in sala mentre ora registriamo come singoli e puliamo tutti in fase di mixing. Abbiamo in serbo comunque anche un progetto dub.