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Eu:Rap: la quasintervista

06-09-2012 Marta Blumi Tripodi

Eu:Rap: la quasintervista

Si sente dire (e si dice) spesso che negli altri Paesi europei la scena hip hop, soprattutto quella underground, è sempre e invariabilmente meglio della nostra. Ma quanti di noi conoscono effettivamente le varie realtà locali e sono in grado di fare un confronto? Un buon modo per approfondire l’argomento, farsi un’idea e eventualmente decidere se l’Italia regge il paragone con l’estero è Eu:Rap, documentario a puntate che ha debuttato prima dell’estate su YouTube. Ideato e realizzato dal nostro compatriota IllaBlaze, già conduttore del programma black Guida nella jungla su Radio Popolare, è finora disponibile con la prima puntata dedicata a Berlino (visibile in streaming qui sotto e scaricabile anche dal sito Eastmilan.com); nei prossimi mesi uscirà anche il capitolo dedicato alla Svezia e, a seguire, tutti gli altri, fino al completamento totale del reportage, che alla fine sarà visibile come un unico lungometraggio. Abbiamo chiesto al suo creatore di raccontarci in un veloce botta e risposta il dietro le quinte di questo progetto.

Blumi: Dicci chi sei in poche righe.

IllaBlaze: Matteo aka IllaBlaze: dj, speaker e co-produttore di Guida nella Jungla, programma radiofonico in onda su Radio Popolare. Ma anche freelance e membro della crew East Milan, all’interno della quale si muovono varie realtà come JTAG, Crudo Sound e Mad Soul, tutte legate dalla passione per la musica.

B: Come ti è venuta l’idea di realizzare un documentario sulla scena europea?

I.B.: L’idea si è sviluppata nel corso degli ultimi anni, per una concomitanza di eventi. Nel 2005 per curiosità, ho iniziato a comprare album stranieri non USA, provenienti da varie parti del mondo; mi ha sempre incuriosito ascoltare rap cantato anche in lingue differenti dall’inglese o dall’italiano. Nello stesso periodo è nata l’idea di realizzare un festival con gruppi provenienti da varie parti d’Europa e non (Babylon Jam, svoltosi nel 2007). Nel 2006 ho iniziato a condurre con Dj Blas e Rebo lo slot black di Guida nella Jungla, in cui proponiamo parecchio rap europeo e mondiale. Nel frattempo ho avuto modo di assistere a vari eventi in giro per l’Europa e di conoscere molti artisti e addetti ai lavori. Questo insieme di fattori ha stimolato la mia vena creativa e ho iniziato a realizzare degli special a carattere geografico, focalizzati su particolari città o stati, con selezioni e interviste ai componenti delle scene prese in considerazione. L’idea di realizzare Eu:Rap è un’evoluzione, anzi, un work in progress, del percorso e del lavoro iniziato nel 2005.

B: Come avete realizzato Eu:Rap, concretamente?

I.B.: Le prime riprese sono datate 2007 e sono state girate tra Berlino e Parigi. Poi c’è stato uno stop per riorganizzarsi e abbiamo ricominciato nel febbraio 2010, con le prime interviste realizzate durante una visita a Stoccolma. Nello stesso anno ho vissuto per qualche mese a Berlino e ho avuto modo di incontrare vari artisti e di raccogliere parecchio materiale. In compagnia di alcuni miei amici/collaboratori (Vasco, Quintus e Rok-C) ho realizzato gli speciali su Berlino e la Svezia. Per quanto riguarda l’Italia, raccolgo il materiale non appena ho l’occasione e per il resto approfitto di eventi e viaggi oltreconfine. Ho cercato di unire l’utile al dilettevole e ho approfittato di alcuni periodi liberi o di ferie per portare avanti il progetto; mi sono munito di una videocamera, rivelatasi non esattamente il top, ma funzionale, di un cavalletto, di un microfono e anche di tanta voglia di imparare. Escludendo i costi della attrezzatura che si utilizza, che possono variare, un budget vero e proprio non c’è stato; è più che altro un investimento in termini di tempo da dedicare al progetto.
B: Che tipo di risposta c’è stata, da parte degli artisti?

I.B.: La risposta è stata ottima. Contattare gli artisti e convincerli a partecipare non è stato difficile e sicuramente il fatto di avere Radio Popolare alle spalle ha contribuito in termini di credibilità. Ad ogni modo, anche se molti sono delle vere star in patria, sono tutti molto alla mano. Per fare un esempio, tra il 2005 e il 2007 l’Aggro Berlin, etichetta berlinese, riuscì a varcare i confini dell’area tedescofona richiamando su di sè l’attenzione di mezza Europa. Incuriosito dal fenomeno andai ad assistere ad un live di Sido e rimasi colpito dalla serata, perfetta dalla A alla Z. Contattai B-Tight socio di Sido, che mi invitò a dei loro live: ho avuto modo di conoscerli bene di persona e sono persone capaci di scindere l’artista sul palco dalla persona che vive il quotidiano e si rapporta agli altri senza alcuna spocchia.

B: Secondo te, qual è la lingua europea musicalmente più adatta a fare rap? E la meno adatta?

I.B.: Il tedesco è molto simile all’inglese. E’ una lingua ricca di vocaboli, con regole, sfumature e varietà fonetiche che lasciano la possibilità a chi scrive e rappa di sbizzarrirsi. Sulla lingua meno adatta mi riservo il diritto di non rispondere a causa di alcuni miei limiti linguistici che mi frenano dall’esprimere un giudizio… (ride) Invece, parere meramente soggettivo, ascolto sia rap chicano che spagnolo, ma alla lunga mi stanca ascoltare il castigliano, preferisco lo spagnolo cantato dagli americani.

B: Un episodio curioso che ti è successo durante la lavorazione del documentario.

I.B.: Contatto Tierstar (Die Schläfer, Berlino) e ci diamo appuntamento nel weekend per l’intervista. La sera stessa, durante una chiaccherata tra amici, esce fuori che è un amico d’infanzia dei fratelli maggiori di Quintus (mio socio e, all’epoca, coinquilino). Il giorno dell’intervista, mando in avanscoperta Quintus e Tierstar rimane stupito vedendolo arrivare prima di me, ci facciamo due risate e due chiacchere sulla casualità e di “quanto è piccolo il mondo” e partiamo con l’intervista, rivelatasi poi molto riuscita. (ride)

B: La cosa più interessante che ti ha detto un rapper/un beatmaker nel corso di un’intervista.

I.B.: Tante cose interessanti si dicono anche a microfono spento! (ride) Ho ricevuto informazioni, racconti e pareri che mi hanno chiarito alcune cose e aiutato a comprendere e conoscerne altre. Rigo (Infinite Mass, Svezia) mi ha raccontato di come a metà anni ’90 nella zona Scandinava ci fosse un movimento ispirato alla West Coast e una situazione molto attiva in termini di live di artisti provenienti dalla California. Gli Infinite Mass, tra i pionieri del rap in Svezia e Europa, riuscirono a entrare in contatto con Mc Eiht, il quale li invitò in California per lavorare ad un loro album (Alwayz Somethang), che riscosse un notevole successo. Visto con gli occhi di oggi, si potrebbe rischiare di non dare il giusto peso a questo avvenimento, ma se pensiamo a 15/20 anni fa, non furono tanti gli artisti europei capaci di dire la loro anche negli USA.

B: Qual è stata la scena nazionale che più ti ha colpito/sorpreso?

I.B.: Colpito, Germania e Svizzera. Sorpreso, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
B: Qual è secondo te la differenza maggiore tra l’Italia e l’estero?

I.B.: Il differente background culturale e sociale di alcuni paesi rispetto all’Italia, una differenza che comunque, negli ultimi tempi, si nota sempre di meno.

B: Qual è il segreto che la scena underground italiana dovrebbe rubare alle altre scene europee per migliorarsi?

I.B.: Unire le capacità artistiche, basilari, a quelle più tecnico/burocratiche. In linea generale, all’estero, in alcuni paesi il numero di mc, gruppi, il numero stesso degli ascoltatori – del mercato, insomma – è molto maggiore rispetto all’Italia. Credo comunque che l’Italia sia su una buona strada e, per quanto riguarda l’underground, reputo molte realtà davvero interessanti. La qualità non manca, ma non basta, bisogna essere capaci e volenterosi e cercare di proporsi ad un ventaglio di persone sempre più largo, di volta in volta cercare di raggiungere con i mezzi opportuni i canali per poter diffondere il proprio prodotto. Credo anche che i live rimangano uno dei modi migliori per esprimere le proprie capacità, quindi penso sia importante dare il giusto peso alla performance dal vivo.

B: Citami un rapper sconosciuto in Italia per ognuno dei Paesi che hai preso in esame, e spiegate perché vale la pena scoprirlo e ascoltarlo.

I.B.: Non so se sono effettivamente sconosciuti o no. Infinite Mass per la Svezia: sono di Stoccolma e dintorni, ma sentendo la loro discografia anni ’90 si potrebbe pensare di ascoltare dei rapper americani. In Germania vorrei citarne tanti, ma parlando di sonorità south, dal gangsta al crunk/trap, dico DeineLtan di Berlino, un misto di tecnica, goliardia e potenza. Anche per la Francia sarebbero tanti, cito quello che a mio parere è uno dei migliori interpreti del g-funk in Europa, Aelpéacha di Parigi. Per l’Inghilterra, direi Stig of the Dump, vincitore di due End of the weak (il contest di freestyle internazionale più prestigioso d’Europa, la scorsa primavera è approdato anche in Italia, ndr).

B: Se doveste fare lo stesso esperimento con paesi extraeuropei, da quale ti piacerebbe partire?

I.B.: Sarà scontato e neanche così innovativo, ma un’idea su un documentario negli Stati Uniti mi ha sempre affascinato. Anche l’Asia sarebbe un bell’esperimento.